Sindacati d’accordo, mentre qualche organizzazione datoriale solleva dubbi

L’obiettivo del ministro del lavoro e delle politiche sociali, Andrea Orlando, è quello di arrivare ad una bozza di intesa condivisa sul lavoro agile entro la metà di novembre, così da avere il tempo di valutare l’esigenza o meno di un intervento normativo a supporto dell’azione delle parti sociali. Dopo le linee guida del ministro della funzione pubblica, Renato Brunetta, sullo smart working nel pubblico impiego, si muove quindi anche Orlando in vista della scadenza del 31 dicembre, quando, salvo proroghe, dovrebbe terminare la fase emergenziale che ha permesso un utilizzo esteso e deregolamentato del lavoro agile. L’idea di fondo è quella di rafforzare i contenuti della legge 81/2017 attraverso un richiamo alla centralità della contrattazione collettiva, quale strumento per bilanciare le esigenze del dipendente con quelle dell’impresa. Nel complesso, il percorso indicato dal ministro ha avuto una accoglienza favorevole, soprattutto fra i sindacati dei lavoratori. È da tempo che Cgil, Cisl, Uil e Ugl evidenziano il grande limite della legge del 2017, conosciuta anche il Jobs act del lavoro autonomo, che rimette tutto all’accordo fra le parti, cosa che potenzialmente potrebbe alimentare una scia di inefficienze e di discriminazioni volontarie e involontarie. L’idea di un protocollo condiviso è stata salutata con favore pure da larga delle organizzazioni datoriali, seppure con diversi distinguo.