Il caso di un dipendente di un hotel licenziato per un furto in camera. L’addebito al lavoratore si basa sulla perfetta coincidenza con gli orari di accesso

La Sesta Sezione Civile della Cassazione, con ordinanza n.12552 del 25 giugno 2020, si è pronunciata su un interessante caso di licenziamento per giusta causa basato su accertamenti presuntivi relativi ai fatti a fondamento della sanzione espulsiva. In particolare, si tratta del licenziamento di un facchino di hotel accusato di avere sottratto denaro da una cassaforte di una stanza della struttura. Il fatto è stato accertato attraverso prove presuntive, verificando la coincidenza tra l’orario di apertura della porta della stanza e della cassaforte e gli orari degli ingressi nella medesima stanza da parte del lavoratore. Il ricorso con l’impugnazione del licenziamento da parte del dipendente veniva in un primo tempo accolto dal Tribunale di Milano ma poi la Corte d’Appello confermava la decisione della Società alberghiera datrice di lavoro. Riteneva infatti dimostrato l’addebito contestato al lavoratore stante la perfetta concomitanza degli orari di accesso dell’uomo nella stanza in cui era avvenuta la sottrazione di denaro e quelli in cui aveva avuto luogo l’apertura della cassaforte che comunque non era giustificata da alcuna necessità legata alle mansioni da svolgere. Avverso la decisione della Corte il lavoratore proponeva ricorso per Cassazione eccependo come primo motivo che non c’erano prove dei fatti addebitati. L’articolo 2727 del Codice civile consente di ritenere provato un fatto ignoto solo attraverso un fatto noto, ossia riconosciuto come non contestato da tutte le parti processuali. Col secondo motivo viene lamentata la violazione della medesima norma sotto il profilo dell’assoluta insussistenza del fatto. I dispositivi da cui erano stati tratti i dati utilizzati dalla Corte non erano stati oggetto di verifica da parte dei Giudici o di esperti da loro nominati. Le rilevazioni delle telecamere e dei pass, redatte da personale dell’albergo, erano prive di efficacia probatoria poiché dovevano essere considerate come documenti provenienti dalla controparte e quindi inattendibili. La Cassazione ha rigettato il ricorso e condannato la parte soccombente al pagamento delle spese processuali. Come recita l’articolo 2727 del Codice civile le presunzioni sono le conseguenze che la legge (presunzioni legali) o il giudice (presunzioni semplici o giudiziali) trae da un fatto noto per risalire ad un fatto ignoto. Nella giurisprudenza di legittimità si è più volte sottolineato come, nel dedurre dal fatto noto quello ignoto, il giudice di merito incontri il solo limite del principio di probabilità.