Tensione sulla manovra finanziaria: i partiti si dividono su Rdc e Quota100. Ma non solo. I tempi e il nodo risorse stringono. Il prossimo Consiglio dei ministri se ne occuperà anche per definire il Documento programmatico di bilancio da inviare a Bruxelles.

Nella “piazza”, rappresentata dalla prossima manovra finanziaria, si sta consumando più di uno scontro politico. In primis, quello tra i partiti che chiedono l’abolizione del Reddito di Cittadinanza (Lega, FI e Iv) e quelli che o lo difendono, M5s, o, come il Pd, aprono con cautela ad eventuali modifiche. La questione non può e non è soltanto economica, neanche per un presidente del Consiglio tecnico come Mario Draghi, nonostante debba rispondere prima di tutto alla necessità di ripartire le risorse a disposizione. Il premier non sarebbe intenzionato ad abolire il Reddito di Cittadinanza, una posizione che però si viene a scontrare con la scadenza di Quota100 a fine anno, senza il rinnovo della quale o c’è lo scalone previdenziale o alternative non equiparabili. Non solo, proprio in ragione dell’eventuale conferma dell’Rdc, contro la quale si batte anche il ministro dello Sviluppo economico Giancarlo Giorgetti, la Lega pretende il rinnovo di Quota100. In merito il Governo è al lavoro, ma circola già l’alternativa di Quota100 e cioè l’Ape “contributiva”, molto simile alla proposta (criticatissima) del presidente Inps Pasquale Tridico, secondo la quale le persone di 63 o 64 anni potrebbero accedere alla quota contributiva maturata alla data della richiesta, per poi avere la pensione completa al raggiungimento dell’età di anzianità. In sostanza, una pensione “rateizzata” che non piace ai sindacati, dalla Cgil alla Ugl. Se per risparmiare, nell’ipotesi che tutti ne facciano ricorso, si differisce una parte della pensione, non ha senso, se non meramente politico, far scadere Quota100 che oltre a non essere stata presa d’assalto dai potenziali fruitori, ha anche generato risparmi. Quanto alle risorse, ha scatenato gli animi dei partiti il fatto che nel decreto fiscale è stato inserito un ultimo “gettone”: 200 milioni, sottratti però a fondi “attivi” dei lavoratori, per fare fronte alle richieste di fatto “in sospeso” per gli ultimi mesi del 2021. Ma una quota cospicua di risorse dovrà pur andare comunque al ministero del Lavoro, visto che Andrea Orlando ha parlato di una Cig pressoché universale, di un potenziamento di Naspi e Dis-coll, di un ampliamento delle causali della Cigs e un rinforzo del contratto di espansione per gestire gli esuberi, alla fine del blocco dei licenziamenti dal 31 ottobre, per tutto il mondo del lavoro. Misure che nell’insieme potrebbero arrivare a costare più di 8 miliardi, a fronte dei soli 1,5 miliardi già “conquistati”, che arrivano dal cash-back fermato nel 2021. Senza dimenticare che ritoccare l’Rdc significa potenziare le politiche attive del lavoro, come vorrebbe anche Draghi, e che anche questo significa investire altre risorse. Infine, ma non ultimo, c’è il taglio dell’Irpef, al quale mirano tutti i partiti, contenuto nella riforma fiscale: a disposizione ci sarebbero circa 6 miliardi, ma ne servono di più.