Gli effetti della caduta del prodotto interno lordo sul montante contributivo

Si apre un nuovo fronte sul versante delle pensioni, oltre a quello del post quota 100 di cui si è molto dibattuto in queste settimane. Il tema del confronto è quello della rivalutazione del montante contributivo, un termine decisamente da addetti ai lavori, che, tradotto in soldoni, significa il tasso di interesse da riconoscere da parte dello Stato, per il tramite dell’Inps, su quanto negli anni i lavoratori e le lavoratrici accumulano nella gestione di spettanza. Il meccanismo prevede una rivalutazione rapportata ad una media quinquennale legata all’andamento del prodotto interno lordo. Visto il crollo del Pil nel corso del 2020, per la seconda volta in diversi anni, il tasso di rivalutazione è destinato a scendere, seppure di poco, sotto l’unità, per cui il montante subirebbe una riduzione. Da più parti, si è chiesto di sterilizzare il dato 2020, proprio per evitare questa perdita. Il governo sembrerebbe intenzionato ad accettare questa richiesta, senza però chiarire la portata del provvedimento. In linea teorica, si dovrebbe immaginare una sterilizzazione fino al 2024, ma così si potrebbe rischiare una situazione paradossale, considerato che già quest’anno la ripresa del prodotto interno lordo sarà corposa, come pure si prevede negli anni a seguire. Il governo potrebbe, a quel punto, immaginare di sterilizzare anche quegli anni a causa della troppa crescita. Un paradosso, appunto.