Caporalato, sequestro e commissariamento per un colosso dell’ortofrutta all’ingrosso. Accertato un sistema di consorzi e cooperative che, operando in regime di “concorrenza sleale” e evadendo le imposte, avrebbero fornito manodopera a basso costo

Caporalato al Nord e “su vasta scala”. Oggi è stato disposto un sequestro, pari a ben 6 milioni euro, dalla “Sezione misure di prevenzione” del Tribunale di Milano, presieduta da Fabio Roia. In amministrazione giudiziaria per un anno è finita la Spreafico spa, colosso nel settore dell’ortofrutta da 350 milioni di fatturato all’anno. Una decisione scaturita a seguito dell’inchiesta del pm di Milano Paolo Storari e della Guardia di Finanza di Lecco per caporalato sui lavoratori, allo scopo di evadere l’Iva. Storari, a capo di una serie di altre indagini, ha accertato un sistema di consorzi e cooperative, che assumevano i lavoratori e che erano in rapporti con la stessa Spreafico, operante nel mercato all’ingrosso di frutta e verdura. Le cooperative, in regime di “concorrenza sleale” e evadendo le imposte, avrebbero fornito manodopera a basso costo alla Spreafico nell’ambito degli appalti ottenuti. Le indagini hanno fatto emergere uno schema di caporalato col reclutamento e lo sfruttamento di manodopera di origine straniera in stato di bisogno, priva di specializzazione e sottopagata, con evasione delle tasse mediante l’emissione e annotazione di fatture false, con benefici fiscali sia per la Spreafico che per le varie cooperative che si alternavano nel tempo, dando vita al cosiddetto «fenomeno della transumanza dei lavoratori». Dall’inchiesta sarebbero venute a galla anche presunte intimidazioni nei confronti degli stessi. Lavoratori che avevano anche protestato, lamentando il mancato rispetto di precedenti accordi siglati dal datore di lavoro con le rappresentanze sindacali, che avrebbero dovuto portare ad adeguare il loro contratto alle mansioni realmente svolte. Nell’inchiesta viene contestata anche la «dichiarazione fraudolenta mediante l’utilizzo di fatture per operazioni inesistenti», in particolare all’amministratore della Spreafico, mentre ai titolari delle cooperative, attraverso le quali avveniva la cosiddetta «transumanza dei lavoratori», viene contestata l’accusa di sfruttamento illecito di manodopera.