Portavoce talebani: gran numero di fedeli ucciso o ferito

È di almeno 50 morti e 140 feriti il bilancio, in verità ancora provvisorio, di un’esplosione avvenuta in una moschea sciita nella provincia di Kunduz, nel nord dell’Afghanistan. La detonazione, confermata dal portavoce del ministero dell’Interno, Qari Sayed Khosti, all’Afp, si è verificata nel corso delle preghiere del venerdì. Il portavoce dei talebani, Zabihullah Mujahid, ha dichiarato che la moschea sciita era l’obiettivo e che un gran numero di fedeli è rimasto ucciso o ferito. Mujahid ha inoltre aggiunto che le forze speciali talebane sono arrivate sul posto e stanno indagando sui fatti. I primi video apparsi su Twitter mostrano corpi stesi sul pavimento della moschea e diverse macchie di sangue a terra. La causa dell’esplosione non è ancora chiara, anche perché nessun gruppo ha eventualmente rivendicato la responsabilità dell’attacco. Tuttavia c’è da osservare che nelle ultime settimane si sono intensificate le azioni compiute dai miliziani dell’Isis-K. Il fatto conferma la situazione complessa in cui versa il paese da quando i talebani sono tornati al potere, nel mese di agosto. Venti anni fa ebbe inizio la guerra degli Stati Uniti e della coalizione internazionale contro l’Afghanistan, in risposta agli attentati dell’11 settembre, con risultati oggi messi in discussione a causa del problematico ritiro statunitense e, appunto, del ritorno sulla scena dei talebani. L’instabilità sta significando un’ulteriore fragilità, a svantaggio della popolazione, con la sanità al collasso e quasi tutti gli ospedali chiusi, zone isolate e prive di medicine.