Pesa il mancato monitoraggio di Anpal; il diverso impatto delle norme regionali

Un collo di bottiglia che, a causa della sua eterogeneità, finisce per rallentare procedure fondamentali per assicurare un più stretto collegamento fra imprese e lavoratori. Il giudizio che la Corte dei conti dà dei centri per l’impiego è netto, quanto negativo. Una situazione caratterizzata «da assetti organizzativi con approcci, metodologie e sistemi informativi diversificati e sovente non dialoganti fra loro»: sono questi gli ex uffici di collocamento oggi, secondo la Corte dei conti, per la quale, fermo restando la necessità di garantire le specificità territoriali, diventa fondamentale assicurare un maggiore coordinamento nazionale. Una osservazione che chiama direttamente in causa l’Anpal. L’Agenzia nazionale per le politiche attive dovrebbe infatti promuovere il monitoraggio delle attività dei centri per l’impiego, cosa che non avviene ormai dal 2017. Insomma, una dura requisitoria destinata ad incidere sullo stesso tavolo di confronto che il ministro del lavoro e delle politiche sociali, Andrea Orlando, ha avviato con Cgil, Cisl, Uil, Ugl e le altre parti sociali per la riforma degli ammortizzatori sociali, nella quale un capitolo decisivo è proprio quello delle politiche attive e del ruolo dei centri per l’impiego. Le discrepanze su base regionale sono dovute a fattori diversi, non ultima l’annosa questione di quale debba essere il rapporto fra pubblico e privato.