Davanti ad una società sempre più lacerata fra favorevoli e contrari alla vaccinazione Covid-19, il sindacato ha il dovere, in un’ottica partecipativa, di provare a portare il tema del costo dei tamponi direttamente sui tavoli di confronto aziendali per provare a trovare una soluzione condivisa

L’estensione del green pass nel lavoro pubblico e privato completa, per il momento, il percorso avviato dal governo per cercare di contrastare la diffusione del Covid-19 nel nostro Paese. Un percorso complesso che ha peraltro creato delle lacerazioni nello stesso tessuto sociale, con una forte polarizzazione delle opinioni fra chi, già vaccinato, chiede tutele e pretende che la propria scelta sia in qualche modo valorizzata e chi, viceversa, non vorrebbe essere costretto a vaccinarsi perché non convinto dell’efficacia dello strumento o, in qualche caso, per partito preso. Il sindacato nel suo complesso ha chiesto al governo e alle associazioni datoriali di confrontarsi sul tema, come è stato fatto con successo a partire dalla primavera dello scorso anno, quando fu sottoscritto il primo protocollo condiviso per il rientro in sicurezza in azienda. Questo confronto non vi è stato. Le associazioni datoriali hanno preferito arroccarsi sulle loro posizioni, escludendo da subito la possibilità che il costo dei tamponi possa essere a loro carico. Una posizione che, però, potrebbe essere superata a livello aziendale. È in azienda che il sindacato, legittimamente, può porre la questione. Ed altrettanto legittimamente la direzione aziendale può aprire la discussione per arrivare ad un punto di incontro che possa essere soddisfacente per tutti, nel rispetto della normativa nazionale e tenendo conto di quanto prevedono gli stessi contratti collettivi. Dal territorio, ogni giorno, ci arrivano indicazioni in questo senso. Non ci stancheremo mai di dire che la via partecipativa rimane la chiave di volta per risolvere anche le questioni più spinose che si pongono nei momenti difficili.