L’ordine del giorno «della discordia»: professionisti sanitari in Tv solo se autorizzati. L’autore è il deputato ex M5s, Giorgio Trizzino, e medico: «Credo che non si sia posta la necessaria attenzione al fenomeno e che adesso si debba porre un freno»

I virologi non ci stanno, per loro è un bavaglio. Così stanno accogliendo «l’ordine del giorno della discordia»: quello firmato dal deputato Giorgio Trizzino, laurea in Medicina, eletto nel 2018 con il M5s e passato al gruppo misto dal mese di marzo. Secondo l’ordine del giorno al Dl Green Pass bis, accolto dal governo, i professionisti sanitari «possono fornire informazioni relative alle disposizioni sulla gestione dell’emergenza sanitaria in corso, tramite qualunque mezzo di comunicazione, previa esplicita autorizzazione della propria struttura sanitaria». Ha spiegato lo stesso Trizzino in un comunicato che «questo strombazzamento mediatico costruito spesso per la ricerca della ribalta e della notorietà è responsabile di un numero imprecisato di vittime. Credo che non si sia posta la necessaria attenzione al fenomeno e che adesso si debba porre un freno a questa vergogna». Non l’ha presa benissimo ieri a caldo Matteo Bassetti, direttore della clinica di malattie infettive dell’Ospedale San Martino di Genova, che all’Ansa ha detto: «Limitare la libertà di parlare sarebbe gravissimo, scandaloso, questo è fascismo», specificando oggi che «io lavoro in un ospedale pubblico e quando ho parlato dei miei pazienti o della struttura sono stato sempre autorizzato». All’Adnkronos Salute il direttore dell’Inmi Spallanzani di Roma, Francesco Vaia, ha dichiarato: «Se questa proposta è tesa ad evitare una sovraesposizione mediatica che potrebbe fuorviare il messaggio corretto che deve arrivare ai cittadini, potrebbe essere utile parlane. Sottolineo però che dobbiamo evitare di portare legna da ardere a chi già solleva la presenza di una “dittatura sanitaria”. A mio giudizio è giusto che ci sia una pluralità di voci sui media», perché «i cittadini sanno orientarsi». Per la maggior parte si tratta di professori universitari e di dirigenti pubblici che, in quanto tali, hanno anche il dovere di informare e spiegare – non certo diffondere dati sensibili o riservati – nel rispetto del deontologico. Ma è altrettanto vero che in alcuni casi, come ammesso al quotidiano Libero dal professor Massimo Galli, primario dell’Ospedale Sacco di Milano, «ci sono persone che dicono sciocchezze, che dicono e si contraddicono». Tuttavia, in questo caso, saremmo al «grottesco, impedire ai medici di non parlare è come dire che un avvocato non può discutere in tv di argomenti giuridici». Per Massimo Andreoni, primario di Infettivologia al Policlinico Tor Vergata di Roma, per il quale è vero che «c’è stata una sovraesposizione di colleghi ma a questo punto iniziamo a mitigare gli interventi anche dei politici che in tv parlano del virus o dei vaccini senza sapere nulla».