Si allarga la platea dei lavori gravosi, ma restano in piedi ancora tanti nodi

In attesa dell’apertura ufficiale di un confronto fra governo e parti sociali, l’ipotesi più accreditata sul versante della riforma delle pensioni appare al momento quella di un rafforzamento dell’Ape sociale, lo strumento già introdotto da qualche anno, con il governo Gentiloni, volto a favorire l’uscita anticipata di alcune categorie di lavoratori e di lavoratrici. Uno strumento che, è bene precisare, non ha avuto l’impatto ipotizzato, per una serie di ragioni, non ultima la complessità dei meccanismi a monte, dal rispetto dei criteri richiesti alle stesse procedure burocratiche, tanto che Cgil, Cisl, Uil e Ugl ne chiedono da tempo la revisione. Le quattro sigle, unitamente alle associazioni datoriali, hanno anche partecipato alle attività della commissione per i lavori gravosi, introdotta anche questa nel corso del 2018, ma poi rimasta inattiva da tempo. Proprio per superare, o, comunque, per attenuare, il rischio scalone del 1° gennaio 2022, quando scadrà la sperimentazione di quota 100, l’idea alla quale starebbe lavorando il ministero è quella di ampliare la categoria dei lavori gravosi. La commissione avrebbe stilato un elenco di poco più di 200 mansioni gravose, ricorrendo le quali il lavoratore o la lavoratrice potrebbero accedere all’Ape sociale, anticipando così l’uscita a 63 anni. Resta, però, il nodo di tutti gli altri dipendenti che dovrebbero aspettare fino a 67 anni.