di Francesco Paolo Capone, Segretario Generale Ugl

Mancano ormai pochi mesi dal termine di Quota 100 e con il nuovo anno dovrebbe arrivare una riforma del sistema pensionistico. Circa 380mila persone sono riuscite ad avvalersi della possibilità usufruire dell’uscita dal lavoro a 62 anni e con 38 anni di contributi, ma a breve questa opzione non sarà rinnovata e terminerà alla scadenza prevista del 31 dicembre. Per evitare lo “scalone” di 5 anni e il ritorno improvviso alla Fornero, con quindi 67 anni di età per poter andare in pensione, sono in campo diverse ipotesi: Quota 41 o anche un ampliamento dell’Ape sociale. In sintesi la soluzione potrebbe essere quella, se non di un abbassamento erga omnes delle condizioni anagrafiche e contributive per potersi ritirare dal lavoro, di un ampliamento consistente delle categorie che potranno usufruire di anticipi pensionistici. Una decisione da prendere quanto prima, in occasione della manovra finanziaria. Il principio di base deve essere quello di mantenere meccanismi di flessibilità in uscita, a tutela dei lavoratori che hanno diritto a poter accedere alla pensione senza sottostare ai dogmi, socialmente insostenibili, dell’austerity, e anche delle stesse imprese, impossibilitate al momento, ancor di più a causa delle difficoltà economiche del presente, al necessario turn-over generazionale. L’Ugl ha anche proposto – considerando comunque quota 41 come la soluzione al momento preferibile – anche la creazione di un fondo ad hoc, con una dotazione economica di 3 miliardi di euro, finalizzato ad accompagnare i lavoratori alla pensione ed evitare la rigida applicazione dello scalone di 5 anni fino ai 67 anni di età e a favorire nel contempo la ristrutturazione delle aziende. Un intervento da abbinare ad altri come i contratti di espansione, la proroga di opzione donna e il rafforzamento dell’Ape sociale già esistente sia per i lavoratori che svolgono mansioni usuranti, che anche per disoccupati di lunga durata. Un segnale chiaro l’ha offerto la stessa Commissione istituzionale sui lavori gravosi, che ha stilato una traccia molto più ampia di occupazioni classificabili come impegnative e quindi potenzialmente soggette ad anticipo pensionistico: dalle 65 precedenti a 203 considerando, per la valutazione, elementi quali la frequenza degli infortuni e il numero di giornate medie di assenza per infortunio o malattia. Un elenco aggiornato che dovrà passare al vaglio del Ministero del Lavoro e di quello dell’Economia. Un segnale, comunque, molto indicativo del fatto che, comunque la si pensi ed in attesa del confronto con le Parti Sociali e delle decisioni della politica, difficilmente dal 2022 si tornerà sic et simpliciter alla Fornero. E questa, oltre alle 380mila persone già in pensione, è un’altra vittoria per i lavoratori, ottenuta grazie alla presenza, nel triennio che sta per concludersi, di Quota 100.