di Francesco Paolo Capone, Segretario Generale Ugl

In questi giorni una previsione ha allarmato i cittadini: il consistente rincaro della bolletta elettrica, del 40%. Un aumento vertiginoso, dopo altri già avvenuti nei mesi precedenti. Il Ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani, ha fornito alcune spiegazioni: “Succede perché il prezzo del gas a livello internazionale aumenta, perché aumenta anche il prezzo della Co2 prodotta”. Il Governo si dice impegnato ad evitare un impatto troppo oneroso sulle famiglie e sulle imprese, già alle prese con non poche difficoltà economiche. Al netto di interventi tampone che potrebbero essere presi per calmierare gli effetti del rincaro, la questione però resta aperta: l’Italia, che quanto ad energia per l’80% dipende dalle importazioni, deve affrontare una volta per tutte il problema in modo organico e lungimirante. L’aumento, spiegano gli esperti, deriva essenzialmente da due fattori, il prezzo altalenante delle materie prime nei mercati internazionali, il gas naturale, utilizzato per produrre energia elettrica nelle centrali, ora più costoso dopo il boom di richieste post-Covid, e gli oneri da sostenere relativi all’emissione di inquinanti, i cosiddetti Ets, per spingere verso la transizione energetica. Due fattori che andrebbero contrastati: da un lato finalmente investendo per ottenere la tanto sospirata indipendenza energetica utilizzando grazie alle nuove tecnologie a disposizione, metodi alternativi per ricavare autonomamente quanto occorre al nostro sistema produttivo, puntando sulle fonti che l’Italia ha a disposizione e senza precludere una riflessione anche sul nucleare, che viene utilizzato anche ai confini del Paese e che invece da noi è precluso per scelte compiute decenni fa, quando la situazione – anche relativa alla sicurezza delle centrali – era completamente differente rispetto ad oggi. Ma anche considerando il secondo aspetto, ossia la strategia europea per la transizione basata su un aumento dei costi per l’emissione di Co2, una strategia che francamente sembra autolesionista, se non controbilanciata da uno sforzo altrettanto rapido volto a conquistare la maggiore indipendenza possibile del Vecchio Continente nella produzione di energia. Comprare ancora troppo dall’estero e poi autotassarci per le emissioni, un metodo che rischia di compromettere la ripresa economica e sociale a tutto vantaggio dei nostri avversari commerciali. Di nuovo una questione di visione del futuro, del Paese e dell’Unione, fra una spinta sempre più urgente a una maggiore autosufficienza, per non dire sovranità, privilegiando le fonti rinnovabili, e quella, controproducente, verso un modello “green” solo per noi, destinato non a ridurre nel concreto l’inquinamento, ma solo a mantenerci dipendenti dall’estero, pressati, per giunta, da oneri autoimposti. Due modi diversi di intendere la transizione, ecologica ed energetica.