di Mario Bozzi Sentieri

Alla sinistra culturale piace la doppia verità. E il centrodestra si adegua

La “doppia verità” è stata, per molti anni, la cifra del partito comunista di Palmiro Togliatti. Storia vecchia – si dirà – esempio di una stagione segnata dalle forti contrapposizioni ideologiche e dalla necessità di muoversi spregiudicatamente sul doppio binario delle Istituzioni parlamentari e delle “ragioni” del partito e della piazza. In realtà, la recente “Vicenda Montanari”, che ha visto “protagonista” un docente di sinistra, Tomaso Montanari, prossimo rettore dell’Università per Stranieri di Siena, impegnato ad infangare il Giorno del Ricordo per i martiri delle Foibe, conferma la persistenza di certe rodate schematizzazioni d’annata.

Tutto sembra essere concesso a chi incarna la “superiorità” morale e culturale della sinistra, laddove, sul fronte opposto la discriminazione appare legittima, al punto da scatenare contromanifestazioni e denunce piccate.

Nel giugno scorso, il festival “Todi Città del libro”, organizzato con il patrocinio del Comune, guidato da una giunta di centrodestra, aveva chiamato la sinistra (Pd in testa) alla mobilitazione della piazza antifascista, nel nome dei principi costituzionali e dei diritti umani. Il motivo? La presenza tra gli organizzatori e gli oratori di persone legate alla destra.

Cambiamo scenario e spostiamoci a Sarzana, comune spezzino anch’esso a guida centrodestra. Questa volta invitato eccellente del locale “Festival della Mente” è Alessandro Barbero, grande star della divulgazione storica, comunista non pentito e sodale di Montanari, al punto da arrivare a scrivere – sull’onda delle recenti contestazioni contro il prossimo rettore dell’Università per Stranieri di Siena – che “il Giorno del Ricordo è una tappa di una falsificazione storica”. Doverosa la polemica nei confronti di Barbero, anche in considerazione del fatto che il Giorno del Ricordo è stato istituito, nel 2004, per legge, al fine di “conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell’esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale”.

A questo punto, almeno da parte dell’amministrazione di centrodestra di Sarzana, ci si sarebbe aspettata una levata di scudi contro lo storico “revisionista”. Ed invece ecco arrivare la dichiarazione della Sindaco Ponzanelli, pronta a dichiarare infastidita che il festival è un momento di libertà dove chiunque ha diritto di parlare.

Doverosa la replica di Paolo Asti, spezzino e Portavoce Nazionale CulturaIdentità : “Non ne possiamo più di storici come Barbero, invitati negli anni al Festival della Mente per raccontare tutta la storia del mondo, da quella medievale fino a quella contemporanea, quasi che nel mondo scientifico non esistessero delle competenze specialistiche tali da rendere impossibile agli storici di occuparsi di tutto lo scibile vissuto dall’uomo. Ormai Barbero è l’appuntamento che il pubblico attende come lo Spritz della sera, buono bianco, con il campari o aperol, a seconda dei gusti, ma sempre con l’orgoglio di avere la tessera del partito comunista con la firma di Berlinguer. Niente di male per carità, perché ognuno ha il diritto di essere orgoglioso per quel che gli pare, ma quello che ci attendiamo da anni è che il Festival della Mente faccia cultura grazie al confronto, invece, qualsiasi sia il tema, la visione è sempre a senso unico”. Parole da sottoscrivere e ben al di là dei confini di Sarzana. Se pluralismo culturale deve esserci, esso deve essere a tutto campo, superando finalmente il doppiopesismo della sinistra ed i complessi d’inferiorità di certa destra, che sui temi della cultura appare a dire poco “distratta”. Se – per dirla con l’Orwell de “La fattoria degli animali” – siamo tutti uguali, è tempo di dire basta a chi si sente ed è riconosciuto come  “più uguale” degli altri.

                                                                     Mario Bozzi Sentieri