di Francesco Paolo Capone Segretario Generale UGL

I dati impressionanti sul Mezzogiorno, rilevati dall’Ufficio studi di Confcommercio e diffusi oggi dalla Confederazione, sono la conseguenza di un decennale abbandono, da parte della politica e delle istituzioni, e del conseguente, inevitabile, declino dovuto anche al fenomeno delle delocalizzazioni, dall’Ugl costantemente denunciato. Ciò che drammaticamente emerge è la crescita progressiva del divario Nord-Sud e la preoccupante fragilità dell’economia meridionale: tra il 1995 e il 2019, è stata registrata una crescita dell’occupazione 4 volte inferiore alla media nazionale (4,1% contro il 16,4%), con distanze maggiori rispetto alle regioni del Centro e del Nord. Negli ultimi 25 anni, la riduzione degli occupati, come conseguenza della perdita di popolazione e soprattutto giovanile (-1,6 milioni), aggiunta ai deficit strutturali (eccesso di burocrazia, illegalità diffusa, carenze infrastrutturali e minore qualità del capitale umano), hanno, di fatto, determinato un continuo e progressivo calo del Pil prodotto dal Sud, ampliando ulteriormente i divari con le altre aree del Paese. Una situazione amplificata dalla crisi economica e sociale legata alla pandemia e al conseguente calo del turismo.

Nel corso degli anni, ormai decenni, per opporsi ai diari dei sogni mai realizzati dedicati al Sud da diversi Governi, l’Ugl, come organizzazione sindacale, ha posto in ogni sede istituzionale il tema degli investimenti, quale leva indispensabile per garantire la coesione sociale ed un rilancio effettivo dell’economia nazionale. È sempre stata in prima linea con iniziative, vertenze, proteste, denunce e campagne di sensibilizzazione: dal SudAct del 2016 al Primo Maggio 2021, il primo della storia sindacale itinerante, dal 9 aprile al Primo Maggio ha toccato 30 tappe, da Sud a Nord, per dare voce e ascolto ai lavoratori, isolati a causa delle restrizioni necessarie per arginare la pandemia.

Siamo stati ascoltati? La risposta è nei dati odierni di Confcommercio: il divario è sempre più ampio, se è vero, come è vero, che tra il 1995 e il 2020 il Pil pro-capite è rimasto intorno alla metà di quello del Nord e che nel 2020 è risultato pari a 18.200 euro contro 34.300 euro nel Nord-Ovest e 32.900 euro nel Nord-Est.

Gli 82 miliardi del Pnrr rappresentano, dunque, un’opportunità unica per avviare un reale processo di sviluppo e modernizzazione del Sud, fondato sull’innovazione, sulla digitalizzazione, sulla transizione ecologica ed energetica. È altrettanto essenziale potenziare le infrastrutture scolastiche e destinare maggiori risorse all’istruzione e alla formazione professionale al fine di favorire il ‘matching’ tra domanda e offerta di lavoro e valorizzare l’immenso patrimonio di competenze presente nelle regioni meridionali.