di Francesco Paolo CaponeSegretario Generale UGL

Dall’Istat buone notizie: nel secondo trimestre del 2021 il prodotto interno lordo, corretto per gli effetti di calendario e destagionalizzato, è aumentato del 2,7% rispetto al trimestre precedente e del 17,3% nei confronti del secondo trimestre del 2020. Si tratta di un dato positivo, prima di tutto, perché il dato conferma le stime preliminari e perché vede per l’anno in corso una crescita già acquisita del 4,7%. Crescita annua che, soprattutto nel secondo trimestre del 2021, è la più alta mai registrata dall’inizio delle serie storiche nel 1995. Ma è lo stesso istituto ad avvisare che l’incremento deriva dal confronto con il punto di minimo toccato nel secondo trimestre dello scorso anno, cioè in corrispondenza dell’apice della crisi sanitaria. L’Italia sta uscendo dal “doppio tunnel” imboccato a causa degli effetti devastanti della pandemia e delle misure scelte dai Governi per contrastarla?

Già la crescita del Pil italiano nel secondo trimestre del 2021, pari al +2,7%, è un dato di per sé positivo. Ma si tratta, in realtà, di un primo segnale di ripresa che non deve indurre ad abbassare la guardia e altrettanto deve accadere per le stime che vedono una crescita già acquisita del +4,7%.

Non per mancanza di ottimismo, perché bisogna tenere conto, prima di tutto, dell’effetto di rimbalzo successivo al crollo, senza precedenti, dell’economia nel 2020. E proprio per questo diventa necessario accelerare con le riforme a partire dal fisco e dagli ammortizzatori sociali al fine di dare sostegno a lavoratori e imprese e, al contempo, garantire una ripresa stabile nel medio e lungo periodo. Perché se è vero che il rimbalzo è molto evidente, è altrettanto vero che quelle imprese e quei lavoratori che sono riusciti a fare fronte agli effetti devastanti della pandemia non sono rimasti indenni in seguito alle stringenti regole che hanno ingabbiato l’economia, che hanno seriamente messo a repentaglio il loro equilibrio sia in termini di liquidità sia di tenuta sociale, persino nelle stesse famiglie. Da non dimenticare sono soprattutto le centinaia di migliaia di persone che hanno perso il lavoro – quasi un milione a fronte delle +440 mila unità di occupati registrati a luglio 2021 (superiori a luglio 2020 del 2%) – e di imprese, soprattutto (2020) nel commercio, nell’abbigliamento e calzature, tra gli ambulanti e distributori di carburante, costrette a chiudere i battenti.

Proprio in quest’ottica, cioè in quella di non lasciarsi depistare dall’effetto rimbalzo, quello che preoccupa è l’aumento del 2,1% dell’inflazione su base annua per la perdita del potere di acquisto delle pensioni. Da questo punto di vista, è fondamentale discutere di una riforma complessiva del sistema previdenziale che introduca maggiori tutele a partire dalla previsione di meccanismi di rivalutazione più equi al fine di assicurare un trattamento dignitoso a chi ha lavorato onestamente versando contributi per una vita.