di Francesco Paolo Capone, Segretario Generale Ugl

La bozza di riforma del sistema degli ammortizzatori sociali del Ministero del Lavoro è stata inviata ieri ai sindacati ed a breve, il prossimo 9 agosto, si terrà la riunione fra il ministro Orlando e le parti sociali per la presentazione e la discussione del documento. L’obiettivo dichiarato della riforma è quello di costruire un impianto in grado di non escludere nessun lavoratore dalla rete di protezione sociale. Comprendendo i dipendenti delle piccole e microaziende, i precari e gli stagionali, gli apprendisti e i lavoratori a domicilio. Più incerte le disposizioni per le partite Iva, con maggiori tutele per maternità e malattia, mentre resta da valutare la riuscita dell’Iscro, eventualmente da stabilizzare. Andrebbe fatto uno sforzo in più sul fronte del lavoro autonomo, anche perché spesso si tratta di lavoro dipendente mascherato. Poi, il potenziamento del contratto di solidarietà e sostegni e premi per le aziende che decidessero di assumere lavoratori in cassa integrazione o di non ricorrervi. Il tempo stringe e la riforma è strettamente legata allo scadere del blocco dei licenziamenti per le imprese piccole, previsto per ottobre. L’idea di predisporre un sistema più inclusivo è senz’altro condivisibile: oggi in Italia ci sono condizioni molto differenti a seconda della tipologia di lavoro che si svolge e presso che tipo di datore di lavoro. Una situazione che già andava migliorata e che ora si è fatta urgente, data la crisi economica generata dal Covid. Il progetto è impostato sull’idea di «universalismo differenziato», ossia tutele per tutti in base alla grandezza aziendale ed alla gestione della vertenza. Un concetto apprezzabile, come pure le modifiche alla Naspi, l’azzeramento dei contatori Cigo e Cigs e l’estensione della Cisoa al settore della pesca. Restano, però, delle questioni piuttosto rilevanti da definire, specie dal punto di vista della copertura economica della riforma stessa. In base alle stime servirebbero fondi complessivi oscillanti tra 6 e 10 miliardi per finanziare il nuovo sistema ed è da stabilire come suddividere gli oneri economici del nuovo impianto di ammortizzatori. In particolare, saranno da verificare due aspetti: quale sarà il contributo della fiscalità generale al sistema e quale la contribuzione richiesta ai datori di lavoro con meno di cinque dipendenti, alle piccolissime imprese, un elemento importante, specie in tempi difficili come quelli che stiamo vivendo, perché si riflette sulle aziende, sul costo del lavoro, sulla possibilità di creare nuova occupazione e quindi sugli stessi dipendenti. Resta, poi, aperta, la questione delle politiche attive del lavoro: si parla, fra le altre cose, di rafforzare i fondi paritetici interprofessionali, un punto apprezzabile da realizzare, però, garantendo la piena agibilità a tutti i fondi attualmente esistenti. È importante anche rivedere la governance dei fondi bilaterali alternativi, garantendo la massima partecipazione. Positive le modifiche alla Naspi e alla Dis-coll, sebbene accanto all’introduzione di un meccanismo di maggior favore in ragione dell’età, andrebbe anche immaginato un ulteriore sistema di garanzia legato al territorio. Impostate le basi della riforma, sarà adesso essenziale comprendere l’effettiva declinazione delle misure ideate dal ministero. Siamo pronti a un confronto, franco e costruttivo, per impostare una buona riforma.