di Francesco Paolo Capone, Segretario Generale Ugl

All’indomani della conferenza stampa del premier Draghi, le nuove disposizioni stabilite dal governo per contrastare la pandemia fanno già discutere. Senza entrare in considerazioni di tipo politico, è opportuno valutare gli effetti delle norme che entreranno in vigore a partire dal prossimo 6 agosto relativamente al mondo del lavoro. Oltre all’obbligo di Green Pass per accedere ad alcuni luoghi pubblici stabilito ieri, l’Esecutivo ha anche prorogato lo stato d’emergenza. Fino alla fine dell’anno in corso. Questa proroga, fra le altre cose, prolunga la possibilità di utilizzare, nelle professioni di tipo impiegatizio, lo smart working semplificato, sia nel settore privato, nel quale si potrà continuare a lavorare da remoto senza gli accordi individuali e gli obblighi informativi normalmente previsti per questa modalità lavorativa, sia in quello pubblico, nel quale resteranno in vigore le disposizioni del decreto dello scorso 30 aprile, con almeno il 15% dei dipendenti in modalità agile. Con le decisioni relative al Green Pass al momento sono investiti dalle novità solo i lavoratori – e i datori di lavoro – del settore privato e nello specifico delle aziende che si occupano di servizi, turismo, ristorazione, intrattenimento e sport. Quelli, del resto, già interessati durante tutto il periodo della pandemia dalle maggiori limitazioni. Green Pass obbligatorio, poi, anche per i concorsi pubblici. Ancora chiusi i locali da ballo e le discoteche, settore particolarmente colpito dalle restrizioni, in alcuni casi in modo irreparabile. Nessun cenno, nelle regole stabilite ieri, ad altri contesti caratterizzati da un grande afflusso di persone, come il nodo ancora irrisolto dei mezzi di trasporto, la grande distribuzione, gli uffici aperti al pubblico. In sospeso anche la questione, spinosa, del Green Pass per il personale scolastico. Non presa in considerazione dal governo – fortunatamente – la richiesta di certificato verde per i dipendenti delle grandi aziende private, avanzata pochi giorni fa da Confindustria. Le nuove disposizioni dal punto di vista economico potrebbero avere effetti ambivalenti e difficili da prevedere sulle attività coinvolte: se la parte di popolazione non vaccinata potrebbe disertare cene e spettacoli al chiuso, fiere e musei, preferendo non fare il tampone – possibilità alternativa al vaccino – con danni economici conseguenti, è anche vero che i vaccinati, maggioritari fra la popolazione over-12, ad oggi 29 milioni, potrebbero essere rassicurati a frequentare più assiduamente queste attività, con benefici economici per gestori e lavoratori. Staremo a vedere. Più complessa la questione dei controlli, demandati ai privati, con tutte le implicazioni derivanti da ciò, in termini sia di costi che di responsabilità, una scelta discutibile. Senza considerare l’obbligo di Green Pass non solo per gli avventori o i gestori, ma anche per i dipendenti dei settori interessati, che, a differenza dei colleghi dell’industria, saranno di fatto costretti a presentare gli attestati di avvenuta immunizzazione per poter continuare a lavorare. Un decreto con luci ed ombre, nella speranza che le nuove disposizioni permettano un contenimento significativo dei contagi, incentivino le vaccinazioni e riescano ad evitare future chiusure.