Si ragiona su un finanziamento dello Stato da sette miliardi per almeno due anni

In attesa del testo ufficiale che il ministro del lavoro e delle politiche sociali, Andrea Orlando, ha assicurato arriverà per luglio, continuano a circolare bozze più o meno puntuali di quella che sarà la riforma degli ammortizzatori sociali. Come noto, almeno ufficialmente, il ministro Orlando non ha consegnato nulla a Cgil, Cisl, Uil, Ugl e le altre parti sociali, anche se, mettendo insieme i vari tasselli anche con quelli provenienti dal ministero dell’economia, il quadro comincia ad essere un poco più chiaro. Le ultime novità coincidono sostanzialmente con quanto sostenuto in una intervista a Repubblica dal sottosegretario all’economia, Claudio Durigon. I costi della riforma dovrebbero essere orientativamente nell’ordine dei sette miliardi di euro, parte dei quali, un miliardo e mezzo, derivanti dallo stop al cashback. Una questione ancora non risolta è quella della durata della fase transitoria inziale. Si parla, in questo senso, di un paio di anni, una previsione probabilmente troppo ottimistica alla luce delle condizioni complessive della nostra economia che risente pesantemente degli effetti del Covid-19. Del resto, è appena il caso di ricordare che il Jobs act, ad esempio, aveva previsto un arco temporale di sette anni prima della piena operatività dei fondi di solidarietà bilaterali. Insomma, una partita complessa soggetta a tante e diverse variabili, tutte da valutare con attenzione.