Decide il giudice. L’eliminazione della decadenza automatica in caso di condanna anche in primo grado vale per i sindaci

Non più tardi di una decina di giorni fa, una delegazione di seicento sindaci provenienti da tutta Italia, capitanati dal presidente dell’Anci nonché primo cittadino di Bari, Antonio Decaro, ha manifestato a Roma, evidenziando il complesso rapporto fra operatività e rischio di denuncia sempre dietro l’angolo. Il sesto quesito referendario si innesta in questo scenario, intervenendo sull’automatismo che prevede la decadenza di sindaci e amministratori locali condannati per effetto delle disposizioni della cosiddetta Legge Severino, disposizione molto nota anche a livello nazionale per la famosa o famigerata causa Berlusconi. I proponenti evidenziano come la Severino non abbia funzionato come deterrente al fenomeno della corruzione, con il paradosso che la decadenza automatica dopo il primo grado si scontra con la sempre possibile assoluzione ai livelli successivi. In caso di vittoria del Sì, spetta al giudice decidere se applicare o meno l’interdizione dai pubblici uffici, valutando quindi nel caso specifico. La Legge Severino ha, come noto, una portata ben più ampia rispetto a quella definita dal presente quesito referendario, in quanto trova applicazione per i parlamentari, i rappresentanti di governo e i consiglieri regionali. In caso di condanna, sono previsti l’incandidabilità, l’ineleggibilità e la decadenza automatica, peraltro con valore retroattivo. Come si ricorderà, non sono mancati dubbi sulla costituzionalità di questa norma nel suo complesso con diversi ricorsi depositati.