In caso di “Sì”, il cittadino potrà citare il singolo giudice che sbaglia con dolo. La responsabilità è personale

Lo slogan adottato dai promotori dei referendum sulla giustizia è tanto diretto, quanto efficace nel far capire cosa potrà succedere se i cittadini italiani prima firmeranno per presentare la richiesta e poi voteranno “Sì” nelle urne: chi sbaglia, paga. Il secondo referendum sulla giustizia prevede la possibilità per il cittadino di chiamare direttamente in giudizio il singolo magistrato, laddove il cittadino stesso si senta ingiustamente vittima di un abuso, di una azione dolosa o di una grave negligenza da parte del magistrato che lo ha giudicato. Si tratta di una questione di cui si dibatte da sempre; un tema che ritorna spesso nei quesiti referendari almeno dagli anni ’80. Se, ad oggi, è ancora particolarmente complesso citare in giudizio un magistrato è perché i giudizi, nell’esercizio delle loro funzioni, hanno sempre goduto di un trattamento particolare dettato dalla delicatezza del ruolo ricoperto e dalla necessità di assicurare comunque la massima indipendenza di giudizio. Così negli anni, davanti alla richiesta dei cittadini di introdurre una responsabilità personale per il singolo magistrato, la risposta della politica è sempre stata quella di assicurare un ristoro, sovente parziale, alla persona vittima di mala-giustizia, senza, salvo casi eccezionali, una successiva rivalsa sul magistrato. Gli ipotesi più eclatanti di rivalsa si sono spesso ridotti ad un anticipo del pensionamento e, quindi, con una penalizzazione indiretta sul versante reddituale, peraltro ampiamente compensata dal maggiore tempo libero a disposizione.