Il 20 luglio riprende la discussione in Senato. Nel frattempo, il Pd inizia a temere il naufragio del disegno di legge

«Aspetto una telefonata di Letta». Così il leader della Lega, Matteo Salvini, all’indomani della sospensione della discussione generale in Senato – il testo tornerà in Aula il 20 luglio, dalle 16:30 – del ddl Zan. Il leader leghista non ha chiuso ancora al confronto, augurandosi che il segretario del Partito democratico «raccolga l’invito al dialogo, non tanto di Salvini quanto del Papa, e quindi si tolga dal testo quello che divide: gender nelle scuole e la censura della libertà di opinione e di parola». «Approviamo invece delle pene pesanti per chi offende e discrimina. Se così non fosse, se volesse andare allo scontro, vuol dire che sarà lui ad affossare la sua legge», ha concluso, ipotizzando uno scenario (la bocciatura del ddl) che in molti iniziano a temere tra le fila del Pd, considerando la risicata maggioranza che sostiene il testo a Palazzo Madama – il 14 luglio, le richieste di sospensiva sono state bocciate con un solo voto di scarto –, che voterà il testo a scrutinio segreto. «Cresce la schiera di chi non vuole morire in battaglia sul ddl Zan, ma portare davvero a casa la legge contro l’omotransfobia», ha ammesso Andrea Marcucci, sintetizzando l’esito della riunione di ieri tra i senatori del Partito democratico. Che, secondo alcune indiscrezioni, sarebbe pronto a fare qualche concessione, aprendo alla modifica di due dei tre articoli al centro dello scontro politico: l’articolo 4 e l’articolo 7, rispettivamente sulla libertà di opinione e sulla scuola mentre l’articolo 1 (quello sull’identità di genere) rimane invece irrinunciabile. Potrebbe non bastare perché, oltre che dalla Lega, l’articolo 1 è contestato anche da Italia viva. «Ci sono sicuramente spazi, tempi e modi per trovare un accordo, senza forzare la mano», ha detto il sottosegretario alla Giustizia, Francesco Paolo Sisto, sottolineando che «in questo momento, un atteggiamento di maggiore disponibilità di tutti sarebbe il più corretto nei confronti del Paese». «Questo anche per consentire al Senato di procedere con tranquillità e maggiore speditezza su altri temi, come quelle riforme dalle quali dipendono le risorse europee, a cominciare dalla giustizia civile», ha concluso.