di Francesco Paolo Capone, Segretario Generale Ugl

L’Italia sta attraversando – lo diciamo e lo sentiamo dire ogni giorno – uno dei periodi più difficili della sua storia recente. Adesso, ad esempio, oltre alle misure economico-sociali da attuare, dal Pnrr alla riforma degli ammortizzatori, al post Quota-100, occorrerà anche prendere decisioni dirimenti relative alla campagna vaccinale: se seguire l’esempio francese e di altri stati europei, col Green Pass per accedere ai luoghi pubblici, per evitare contagi e invogliare gli indecisi a immunizzarsi, o, invece, mantenere una maggiore libertà, puntando più sul convincimento che sulle restrizioni per i non vaccinati. Scelte importanti su temi fondamentali per la vita di tutti noi. In questo frangente, in questo momento storico, si colloca lo scontro parlamentare sul Ddl Zan. Le norme contro la cosiddetta omotransfobia si sono trasformate in una battaglia identitaria per gran parte della sinistra, decisa ad andare avanti senza nemmeno cercare una mediazione con le altre forze politiche. “Impossibile trovare quella sintesi invocata, i punti di vista sono diversi”, così Franco Mirabelli del Pd, a chiarire la posizione dei sostenitori del disegno di legge, ovvero quella di voler andare avanti a tutti i costi senza prendere minimamente in considerazione la richiesta di chi, anche fra le forze del governo di unità nazionale – da Iv, a FI, alla Lega – vorrebbe apporre alcune modifiche al testo, specie nelle parti relative a identità di genere, tutela della libertà di espressione, insegnamento nelle scuole, nello specifico gli articoli 1, 4 e 7 del Ddl. Un arroccamento controproducente, non solo capace di impedire l’approvazione di un testo condiviso e quindi nei fatti utile alla causa del contrasto alle discriminazioni, ma anche passibile di minare le fondamenta su cui si regge la maggioranza di larghissime intese che sostiene Mario Draghi. Un braccio di ferro portato avanti allo scopo di dimostrare la propria unità e rafforzare la propria identità, su altri temi piuttosto sfocata, più che per difendere la causa Lgbtq. L’Italia, invece, avrebbe bisogno di altro. Non di dividersi, come al solito, in diatribe ideologiche fra moderni “guelfi e ghibellini”, ma cercare in modo maturo, specie ora che tutti dovremmo affrontare con spirito unitario e collaborativo i problemi comuni causati dalla pandemia, di armonizzare le ragioni e i punti di vista per trovare una sintesi, punendo chi ingiuria, discrimina o addirittura commette atti violenti o incita alla violenza, e, allo stesso tempo, rappresentando in modo inclusivo gli italiani, di qualunque idea politica. Non sappiamo quale sarà alla fine l’esito parlamentare dell’ormai famoso Ddl, certo il metodo scelto per portare avanti la sua approvazione, refrattario a ogni forma di mediazione, non rappresenta un buon esempio di azione politica nell’interesse del Paese.