Il caso Sara Pedri riporta in primo piano una tematica presente nei luoghi di lavoro

Dopo la tragica e irrisolta vicenda di Sara Pedri, la giovane ginecologa scomparsa il 4 marzo scorso dopo essersi dimessa dall’azienda sanitaria del Trentino, lasciando degli scritti fortemente accusatori rispetto al clima che si respirava in ospedale, si torna a parlare con una certa insistenza di mobbing. Nella speranza che il caso della dottoressa Pedri si risolva positivamente, la questione della mancanza di una legge contro le vessazioni nei luoghi di lavoro torna all’ordine del giorno. Di mobbing, infatti, si è parlato molto soprattutto fra la fine degli anni ’90 e i primi anni del nuovo millennio. Il tema è poi via via uscito dal dibattito generale, in coincidenza con il presentarsi di una serie di crisi ravvicinate, dai subprime fino al Covid-19. Un paradosso perché proprio queste crisi hanno finito per rendere più precario il posto di lavoro, con centinaia di migliaia di lavoratrici e di lavoratori costretti a fare un buon viso a cattivo gioco pur di salvare il posto di lavoro. in questi anni, Cgil, Cisl, Uil e Ugl hanno continuato ad insistere sulla necessità di normare il fenomeno, in ogni occasione utile, sia in Parlamento che nei vari incontri con i ministri del lavoro che si sono succeduti nel tempo. La questione mobbing è stata sovente affrontata anche all’interno dell’osservatorio nazionale per la disabilità in quanto centrale per ridurre eventuali atteggiamenti discriminatori.