Dal tennis al calcio: la grande lezione di stile che ha saputo dare l’Italia. Combattente e poi oratore ieri Berrettini a Wimbledon, tenuta mentale e grande cuore dell’Italia a Wembley, nonostante i fischi all’inno nazionale.

Ieri Londra si è tinta di verde, bianco e rosso. Lo sport italiano sia a Wimbledon sia a Wembley, cioè sia nella sconfitta sia nella vittoria, ha saputo dimostrare maturità e equilibrio. Certo, Novak Djokovic è il re indiscusso della 134° edizione del singolare maschile di Wimbledon, ma Matteo Berrettini si è battuto come un leone e si è conquistato a tutti gli effetti la posizione tra i big del tennis. Berrettini non poteva scegliere parole più giuste, durante il suo discorso al termine della finale: «Sensazioni incredibili: troppe da gestire. Anche in questo Novak è più bravo di me, nel gestire le emozioni intendo. Lui sta scrivendo la storia di questo sport», «è stato un lungo viaggio: per me non è una fine ma un inizio. Continueremo a provarci». Emozioni, una “materia” nella quale gli italiani spesso dimostrano di non essere padroni. Ma così non è stato nello stadio, anzi nell’arena, di Wembley. Non un semplice stadio storico, ma uno dei templi del calcio mondiale e, per la prima volta dallo scoppio della pandemia, quasi del tutto pieno (al 75%) di gente e, soprattutto, di tifosi inglesi che hanno fatto sentire la loro presenza – purtroppo anche fuori dallo stadio – in maniera molto aggressiva e spesso irriguardosa. La polizia inglese ha arrestato 45 persone per aver provocato scontri con altri tifosi e con la polizia nei pressi dello stadio di Wembley. Gli agenti hanno dovuto presidiare la zona per aiutare i tifosi a tornare a casa senza incidenti. Un video circolato su Twitter mostra alcune persone che provano ad entrare nello stadio senza biglietto, dando il via a disordini e scontri tra gli stessi tifosi inglesi. Non solo, sui social, dopo il ko ai rigori contro l’Italia, i tifosi inglesi hanno insultato in maniera i calciatori che avevano fallito i tiri dagli undici metri, Rashford, Sancho e Saka. Ferma la condanna da parte della Uefa, del premier Boris Johnson e del principe William. Di fronte ad uno stadio già imbandito per la vittoria che gli inglesi reputavano sicura. Le cronache raccontano che per le strade di Londra era tutto un coro di «It’s coming home», cioè il calcio, la vittoria e quindi la coppa sta tornando a casa. Motto sfortunato in voga dal 2018, poi parafrasato dal nostro Bonucci «It’s coming Rome». Senza dimenticare l’abbraccio con lacrime tra il Mancini e Vialli. Così dopo 53 anni l’Italia torna sul tetto d’Europa e dopo soli tre anni dall’umiliazione della storica esclusione dei Mondiali di Russia 2018, la nostra nazionale è di nuovo grande, battendo l’Inghilterra a Wembley per 5-4 dopo i calci di rigore, al termine di una partita epica. Stavolta una bella lezione di stile l’abbiamo data noi italiani.