di Francesco Paolo Capone, Segretario Generale Ugl

Uno spartiacque, capace di cambiare le cose in modo permanente. Secondo molte autorevoli fonti la pandemia ha prodotto effetti sul mondo produttivo che non possono essere considerati transitori, destinati a scomparire col ritorno alla normalità. Al contrario, da alcune trasformazioni non si tornerà indietro con conseguenze importantissime dal punto di vista occupazionale. A sostenerlo, ad esempio, l’appena pubblicato XXV Rapporto sull’economia globale e l’Italia, uno studio del Centro Einaudi e di Intesa San Paolo, ripreso oggi da varie testate giornalistiche, da La Stampa al Giornale. Le vendite di completi grigi – la “divisa d’ordinanza” di impiegati e colletti bianchi – dimezzate nell’arco di una decina d’anni e ora drasticamente calate testimoniano, attraverso l’archiviazione di questo abito-totem, il mutamento. Ora le professioni di carattere concettuale sono svolte in parte o in toto a casa, con lo smartworking. Il commercio si sta trasformando con l’avanzata impetuosa degli scambi online. Quindi, completi e tailleur non servono più. Non si tratta di una rivoluzione “di costume”, tanto meno di una trasformazione indolore. Col passaggio a un’economia sempre più digitale, sono circa un milione e mezzo i posti di lavoro attuali – dopo quelli già persi col Covid – a rischio. Il blocco dei licenziamenti ha consentito di arginare la perdita di occupazione, ma ora questa misura è in scadenza e, dopo l’emergenza, il mondo del lavoro non sarà più quello di prima. Molti lavoratori non saranno richiamati dalla cassa integrazione e per i giovani in cerca di occupazione non sarà facile trovare una collocazione. Insomma, quella del Covid non è stata una parentesi, ma l’avvio di un nuovo modello produttivo. Oltre al cambiamento generato dal lavoro agile nel mondo impiegatizio e nel terziario, ad avere conseguenze occupazionali maggiori saranno i settori dell’ospitalità e della ristorazione, 47% di posti a rischio, commercio, trasporti, edilizia e istruzione, 15%, industria e sanità, 14%, e così via. Poi arriveranno gli investimenti del Recovery Plan. Nel prossimo futuro, però, le competenze richieste saranno differenti da quelle che precedentemente garantivano di trovare lavoro. La ripresa sarà nel digitale e nel green ed è in questi ambiti che le nuove generazioni dovranno essere formate, così come i lavoratori in cerca di una ricollocazione, magari in un settore completamente diverso rispetto a quello di provenienza. Essere preparati ad affrontare le nuove sfide, attraverso le competenze richieste dal mondo del lavoro del dopo Covid sarà fondamentale. Ed è qui che si gioca la sfida del nuovo welfare, del nuovo sistema di ammortizzatori sociali di cui l’Italia ha estremo bisogno: non solo un – pur essenziale – sostegno economico nelle fasi di inoccupazione, ma la formazione necessaria a soddisfare le esigenze di un mondo del lavoro nuovo.