di Francesco Paolo Capone, Segretario Generale Ugl

Secondo Marcello Foa, presidente uscente dell’emittente di Stato, «La Rai ha tre anni per entrare nel futuro o sarà il declino». Insomma, il gigante di Saxa Rubra resta un colosso dai piedi d’argilla, malgrado la storia, l’apparato, i 14 canali televisivi e 12 radiofonici, i 13 mila dipendenti, il canone pagato dai cittadini. Un intrattenimento rivolto al pubblico anziano fidelizzato, coi più giovani assorbiti dalla rete e dallo streaming. I soliti e strapagati volti noti ormai stantii, poca innovazione. Alcuni canali più prestigiosi, ma di nicchia. La concorrenza di internet e degli altri media che offrono news. In questi giorni, ricordando Raffaella Carrà appena scomparsa, è impossibile non tornare con la mente ai tempi d’oro della Rai, quando la radiotelevisione pubblica era la fonte primaria delle notizie e allo stesso tempo una fucina di grandi talenti artistici, capace di creare trasmissioni di vario taglio, ma comunque tutte interessanti, ben costruite, all’avanguardia. Poi una decadenza lenta, ma, nonostante la presenza al suo interno di professionisti di qualità, finora comunque inesorabile. Bisogna ammetterlo, non è più negli uffici, negli studi e nei teatri della Rai che si crea cultura, che si alimenta il dibattito, che si edificano i modelli sociali. Ora al servizio pubblico radiotelevisivo è rimasto un ruolo secondario. Certo, tante cose sono cambiate. Sono passati i tempi del monopolio e anche quelli della gara a due con la sola Mediaset. Ora è il turno della rete, dove si può trovare ogni notizia in tempo reale, dei canali all news, di Netflix, Amazon Prime, Disney e gli altri. È anche vero, però, che l’emittente di Stato ha il dovere di ritagliarsi una propria funzione, anche nel contesto contemporaneo. Innanzitutto, sul lato giornalistico, garantendo indipendenza e obiettività, superando la faziosità politica, perché tutti i cittadini possano riconoscersi, e offrendo – al di là del mare magnum a volte torbido di internet – un’informazione autorevole, corretta, completa. Così come nell’intrattenimento, trasmissioni, fiction e cinema, alla Rai spetterebbe il compito di puntare sulla qualità, per offrire prodotti di alto livello, capaci di divertire e di formare allo stesso tempo, come nei gloriosi tempi andati. Andando oltre l’attuale “bipolarismo” controproducente su tutti i fronti: da un lato la cultura alta e un po’ sussiegosa, dall’altro il solito generalismo dal sapore trash. Con un pizzico di coraggio si potrebbe fare di meglio. Speriamo che si riesca a comprendere l’importanza di puntare verso questi obiettivi, per garantire un futuro alla Rai, a beneficio degli spettatori e quindi dei cittadini, dei lavoratori, di un’azienda importante per il Paese. Che si occupi di questo, il nuovo Cda da nominare a breve, politica e soprattutto M5s permettendo, e non, invece, di piazzare le solite bandierine di partito.