Governo: fatta l’intesa, salta il M5s. Mentre bussano alla porta le riforme. Crimi: «Gli avvenimenti di questi giorni, mi inducono a una profonda riflessione sul mio ruolo nel Comitato di Garanzia e sulla mia permanenza nel Movimento»

Mentre a Palazzo Chigi si firmava un accordo o avviso comune sui licenziamenti tra parti sociali, che però non rappresentavano tutta la vastità del mondo sindacale e industriale, e Governo, rappresentato dal premier Mario Draghi e dal ministro del Lavoro Andrea Orlando, il cosiddetto “garante” del M5s stava già sganciando la bomba. Dopo 24 ore di riflessione, ieri Beppe Grillo su Facebook ha rotto il silenzio, scelto per non rispondere d’istinto agli affondi nei suoi confronti che Giuseppe Conte aveva espresso nel corso della conferenza stampa del 28 giugno. Ore di riflessione che hanno portato il padre-padrone del M5s a dichiarare: «Conte non ha visione e capacità manageriali. Non permetto un partito unipersonale». Affondato così l’unico esponente politico nel quale tantissimi, nel Movimento e nel Pd – o in una parte rilevante di esso – credevano. Grillo ha deciso, poi, di ricontattare Davide Casaleggio per chiedergli di indire sulla piattaforma Rousseau la votazione per il Comitato direttivo previsto dall’attuale Statuto, nonostante il Garante della Privacy abbia inibito tale possibilità. Per Conte il post di Grillo «non è una delusione solo per me. Questa svolta autarchica credo sia una mortificazione per un’intera comunità. Io non arretro», ha detto in un video pubblicato dal Corriere.it. Cosa succede adesso? Nessuno può dirlo con certezza, l’ipotesi più probabile è una scissione che indebolirebbe anche il Pd, quindi il Governo, mentre bisogna varare tante importanti riforme. Se per il M5s l’intesa raggiunta ieri a Palazzo Chigi va nella direzione giusta, lo stop ai licenziamenti non sarà generalizzato ma selettivo, come ha sempre voluto Mario Draghi e come indicato anche dall’Ugl, mentre la riforma degli ammortizzatori sociali era già in cantiere. Nel frattempo, è già in atto un rimescolamento: secondo indiscrezioni, per il cashback non ci sarà uno stop, osteggiato dal M5s, ma un «ritocco», mentre per Vito Crimi, leader politico del Movimento, «gli avvenimenti di questi giorni, mi inducono a una profonda riflessione sul mio ruolo nel Comitato di Garanzia e sulla mia permanenza nel Movimento», mentre da Stefano Patuanelli a Paola Taverna sono tutti dati per favorevoli a Conte. Se per il ministro dello Sviluppo economico, Giancarlo Giorgetti, con un Consiglio dei Ministri alle porte non c’è nessun pericolo perché «Draghi va talmente bene che non c’è bisogno di discutere di questo», per la leader di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni, «al di là della leadership non vedo in ogni caso un futuro roseo per il Movimento 5 Stelle. Credo si tornerà verso un sistema bipolare, quindi è una buona notizia». E se l’opposizione esulta…