di Francesco Paolo Capone, Segretario Generale Ugl
Siamo abituati ad assistere a clamorosi colpi di scena nel Movimento 5 Stelle, a cambi repentini di alleanze, idee, proposte, strategie. E anche in questi giorni si stanno consumando, all’interno di quel contenitore politico, situazioni inaspettate. Archiviato Casaleggio, messo all’angolo Di Maio, sempre defilato Crimi, ormai osservatore esterno Di Battista, ora è la volta del “duello” finale fra i due leader superstiti: il fondatore e garante, Beppe Grillo, e il capo in pectore ed ex presidente del Consiglio, Giuseppe Conte. Non male per una formazione che voleva essere diversa dalle altre, evitando personalismi, al punto da stabilire la regola dei due mandati elettorali come limite per l’attività politica. Ma anche quest’ultimo tabù grillino, il rifiuto della “politica come professione” sembrerebbe ormai sul viale del tramonto, per approdare a un più prosaico “così fan tutti”. I motivi dello scontro fra i due sono diversi e riassunti in un nuovo Statuto M5s che non riesce ad essere sintesi delle diverse posizioni, in merito al ruolo del garante stesso, ovvero Grillo, che Conte vorrebbe ridimensionare, e su altre regole da dare al nuovo movimento che verrà. Al di là delle divergenze sui singoli articoli dello Statuto, si sta consumando un braccio di ferro fra il vecchio stile dissacrante e trasgressivo delle origini, impersonato dal comico genovese, e il nuovo movimento centrista e azzimato, rappresentato dall’avvocato pugliese. Non sappiamo come finirà e chi avrà, infine, la meglio, ma l’impressione è che questa sia una partita, come si suol dire, lose-lose, ossia perdente in entrambi i casi. Da un lato, infatti, le giravolte politiche e le vicende personali di Grillo hanno offuscato in modo definitivo la sua reputazione di “guru” dell’onestà contro la politica corrotta. Dall’altro Conte, ormai privato del mantello di popolarità e di autorevolezza che gli conferiva Palazzo Chigi, sembra ormai solo uno dei tanti leaderini di sinistra, senza neanche, però, le spalle coperte da una formazione strutturata. In sintesi, dovesse prevalere la visione di Grillo, gli elettori più “rivoluzionari” e intenzionati a combattere le storture del sistema difficilmente troveranno ancora nel comico un leader in cui credere. Dovesse invece imporsi Conte, i moderati di sinistra non abbandoneranno comunque i partiti tradizionali per una scommessa né troppo solida e nemmeno particolarmente esaltante. Comunque vada, che si arrivi ad una rottura o che si trovi un accordo, tutto lascia pensare che a sostenere il movimento saranno solo quegli aficionados – pochi rimasti – pronti a seguire chiunque sventoli il vessillo a cinque stelle. Tutto sommato una triste fine per un esperimento politico che, a suo tempo, aveva rappresentato un’interessante novità e che aveva riscosso la fiducia di tanti cittadini.