Attesa snervante per lavoratori e imprese sul destino dell’ex Ilva: Governo batta un colpo

Oggi ben due manifestazioni per l’ex Ilva hanno chiamato in causa il Governo, i ministri del Lavoro Orlando e dello Sviluppo economico Giorgetti, quindi la politica. Dopo l’assemblea di stamattina nell’ex stabilimento Ilva di Genova, è scattato lo sciopero dei lavoratori, scesi in corteo contro la scelta dell’azienda comunicata ieri di mettere in cassa integrazione ordinaria, per crisi di mercato, tutti i 981 operai del sito di Cornigliano, quando in realtà esiste una forte richiesta di latta in questo Paese, come sostiene Antonio Apa, segretario generale Uilm Genova. Il corteo ha bloccato il traffico intorno alle 9 ed è stato impossibile per alcune ore uscire dal casello di Genova aeroporto e dirigersi verso il centro. Già ieri rsu e sindacati unitari, incontrando le rappresentanze aziendali, avevano rigettato l’ipotesi della Cig e chiesto un intervento del governo per porre fine all’incertezza continua dei lavoratori. Su pressante richiesta della segretaria generale Fiom, Francesca Re David, il presidente della Regione Liguria, Giovanni Toti, ha confermato, dopo aver telefonato al ministro dello Sviluppo economico, Giancarlo Giorgetti, «l’impegno del Governo al rilancio dell’acciaio». Ma l’esecutivo è in attesa della sentenza del Consiglio di Stato e avere chiarezza sul quadro normativo di riferimento, per poi avviare tutti i passaggi necessari all’ingresso dello Stato per il tramite di Invitalia nella compagine azionaria del Gruppo Ilva. Ma nel caso la sentenza del Consiglio di Stato decretasse la chiusura dell’ex Ilva di Taranto servirebbe un piano B, che di fatto non c’è.

Ecco perché nelle stesse ora a Taranto, gli imprenditori dell’indotto siderurgico ex Ilva ed ex ArcelorMittal, oggi Acciaierie d’Italia, hanno manifestato in forma pacifica davanti alla sede della direzione del siderurgico, presidio annunciato venerdì scorso e che stavolta si concentra sul futuro della fabbrica. L’attesa da diversi giorni della sentenza del Consiglio di Stato, chiamato a decidere se gli impianti dell’area a caldo vanno spenti perché inquinanti, come già deciso a febbraio dal Tar di Lecce validando un’ordinanza del sindaco di Taranto, sta diventando intollerabile. Per Confindustria Taranto, «il presidio serve a testimoniare una Taranto che spesso è silente ma che ha un interesse legittimo da difendere. Premesso che la nostra posizione è che la salute va sicuramente salvaguardata al di sopra di tutto, siamo però anche quelli che hanno letto i documenti e credono in una ambientalizzazione possibile». Così anche per Vladimiro Pulpo, presidente della sezione trasportatori di Confindustria Taranto, «la transizione è possibile, si può fare, ed il Governo, un Governo per la prima volta di unità nazionale, può sicuramente scendere in campo, non aspettare solo le soluzioni della Magistratura, fare politica perché qui ci sono centinaia di aziende e migliaia di persone che portano reddito al territorio».