Risultati attesi nel pomeriggio di sabato

C’è più di qualche spettatore interessato a conoscere il risultato delle elezioni presidenziali in Iran. A cominciare dagli Stati Uniti, che potrebbero aspettarsi una conseguenza o l’altra sulle trattative per ripristinare il trattato nucleare del 2015, secondo che vinca questo o quel candidato. L’Iran è chiamato oggi delle urne – aperte ufficialmente con il voto della Guida Suprema, l’Ayatollah Ali Khamenei – per eleggere il successore di Hassan Rohani in un momento di crisi per Teheran. La questione nucleare rimane al centro dell’agenda, ma la crisi economica (dovuta anche per effetto delle sanzioni economiche internazionali) e l’impatto della pandemia, che nel paese è stata particolarmente pesante, sono temi altrettanto (se non più) stringenti. In lizza, ormai, restano tre candidati, dopo il ritiro alla vigilia degli altri quattro ammessi dal Consiglio del guardiani, sui quasi 600 iniziali aspiranti: l’ultraconservatore Ebrahim Raisi, capo dell’apparato giudiziario (il quale potrebbe giovare di una scarsa affluenza alle urne), l’ex comandante dei Pasdaran, Mohsen Rezai, dello stesso schieramento, e il governatore della Banca centrale, il moderato Abdolnaser Hemmati. Chiamati al voto sono circa 60 milioni di elettori, anche se le attese della vigilia prevedono un’affluenza non troppo alta, ma potranno esprimere la loro preferenza entro la mezzanotte iraniana, cioè le 21.30 italiane. Tuttavia le operazioni potrebbero protrarsi per ulteriori due ore, mentre i risultati sono attesi nel pomeriggio di sabato, secondo quanto reso noto dalle autorità locali.