di Francesco Paolo Capone, Segretario Generale Ugl

Il prossimo 31 luglio scadrà lo stato d’emergenza, che ci portiamo dietro, proroga dopo proroga, da quell’ormai lontano gennaio dello scorso anno, quando, ancora l’opinione pubblica non ne era consapevole, si stava profilando all’orizzonte la pandemia da Covid-19. Una dicitura che ha significato molte cose per il nostro Paese: i Dpcm, con le decisioni prese dal governo in autonomia senza il contraltare della discussione parlamentare, il Cts, un organismo che ha fatto il bello e cattivo tempo generando più di qualche perplessità, la macchina commissariale, prima di Arcuri ed ora facente capo al Generale Figliuolo, ma anche lo smart working semplificato per i lavoratori dipendenti e altro ancora. L’eventuale rinnovo di cui si parla in questi giorni potrebbe estenderebbe i poteri speciali dell’esecutivo per altri mesi, fino alla fine dell’anno. In molti si sono detti contrari a questa decisione, costituzionalisti come Cassese, commentatori e politici. Soprattutto nel Centrodestra, sia di governo che d’opposizione, con i pareri sfavorevoli di Salvini e Meloni, che vorrebbero tornare all’ordinaria amministrazione data la situazione epidemiologica finalmente rassicurante, e le perplessità di Gelmini, più possibilista, ma con l’invito a non abusare di questo strumento. Qualche critica anche dalle fila della sinistra e persino dal ministro della Salute Speranza, con però anche chi, come Boccia, vorrebbe mantenere lo status quo fino a data da destinarsi. Tutto considerato, difficilmente ad Agosto torneremo alla piena normalità, tra pericolo varianti e necessità di portare avanti il piano vaccinale, ma l’auspicio è che, grazie alla presenza di un governo di unità nazionale, si riesca a trovare una valida soluzione di compromesso. Perché un’uscita dallo stato d’emergenza o quantomeno un parziale ridimensionamento della macchina emergenziale avrebbe ripercussioni positive, infondendo fiducia nella popolazione, italiana e anche straniera nei confronti del nostro Paese, con conseguenze benefiche in termini economico-sociali. Alcuni, fra i quali lo stesso Draghi, iniziano a ipotizzare una “terza via” tra un prolungamento dello stato d’emergenza e un ritorno “tout court” alla normalità. Un modo potrebbe essere quello di ricalibrare l’apparato emergenziale, ridisegnando, ad esempio, ruolo e modus operandi del Cts, per evitare nel prossimo futuro quelle prese di posizione arbitrarie e quelle indecisioni sul da farsi che hanno caratterizzato finora l’azione di questo organismo, logorando la fiducia della popolazione. Per cercare di bilanciare il bisogno di prudenza e quello di ottimismo. E per offrire agli italiani risposte coerenti e credibili. Perché – adesso come un anno e mezzo fa – non si tratta solo di stabilire se sussista o meno una situazione d’emergenza, ma anche di decidere come questa eventuale emergenza vada gestita.