di Francesco Paolo CaponeSegretario Generale UGL

Da una parte non si può che esprimere sollievo e profonda partecipazione per la fine della tragica odissea vissuta dai nostri due marò, Salvatore Girone e Massimiliano Latorre. La notizia è stata pubblicata oggi dal giornale indiano in lingua inglese The Hindu e riportata dall’Ansa: la Corte Suprema indiana ha ordinato la chiusura di tutti i procedimenti giudiziari nel Paese a loro carico. La stessa ha ritenuto «ragionevole e adeguato» il deposito di circa 100 milioni di rupie (1,1 milioni di euro) di risarcimento dei quali 80 milioni agli eredi dei due pescatori rimasti uccisi nel 2012 e 20 milioni al proprietario della loro imbarcazione. I due fucilieri erano impegnati nel 2012 in una missione antipirateria a bordo della nave commerciale italiana Enrica Lexie al largo delle coste del Kerala, quando videro avvicinarsi il peschereccio Saint Antony e, temendo un attacco di pirati, spararono alcuni colpi di avvertimento in acqua. 

Da un altro lato, però, e guardando agli anni che sono passati, alle tragiche vicende subite da Girone e Latorre, alle reiterate violazioni del diritto internazionale e alla mancanza di rispetto e di fiducia dimostrata più volte dall’India nei confronti del nostro Paese, a sua volta rivelatosi in passato e nello svolgersi dei fatti inadeguato a gestire il caso, resta un profondo senso di amarezza. L’ultima delle vessazioni che l’Italia ha dovuto subire, è stato il rinvio da parte della Corte Suprema indiana della chiusura del caso, lo scorso 19 aprile, perché l’indennizzo di cento milioni di rupie, che l’Italia doveva versare, non era stato ancora depositato o meglio, secondo il procuratore generale dello Stato, Tushar Mehta, non era ancora disponibile.

Molto di questa vicenda è rimasto in sospeso, la verità si deve ancora conoscere e l’amarezza è evidente per tutti, come nelle prime parole di Paola Moschetti, moglie di Massimiliano Latorre, che intervistata dall’Ansa ha dichiarato: «Da nove anni sono costretta a parlare a nome di mio marito. A lui è stato fatto esplicito divieto di parlare pena pesanti sanzioni. Non può nemmeno partecipare a qualsiasi manifestazione pubblica. È vincolato al segreto». Così anche il suo avvocato, Fabio Anselmo, all’Adnkronos ha dichiarato: «Se risulteranno innocenti cosa Italia ha pagato l’Italia all’India, un “riscatto”?». Insieme a lui ce lo chiediamo tutti. Poi ha aggiunto: «Finalmente presto Massimiliano Latorre varcherà la porta della Procura di Roma per raccontare i fatti davanti ai magistrati romani, nei quali abbiamo piena fiducia. Lì almeno non ci sarà il segreto militare». Dunque, giustizia deve essere ancora fatta.

L’Odissea di Marco Zennaro

L’imprenditore italiano Marco Zennaro, in carcere in Sudan da circa due mesi e accusato di frode, è stato rilasciato in attesa degli sviluppi dei vari contenziosi a suo carico. Sono stati depositati i soldi, 700 mila euro raccolti dalla famiglia, che le autorità sudanesi chiedevano per metterlo ai domiciliari, ma si è fatto avanti un nuovo querelante e quei soldi potrebbero non bastare. I timori di restare bloccato ancora lì o di tornare in carcere ci sono tutti. Ma si spera sia un primo passo verso il ritorno a casa di Zennaro, prigioniero dal 1° aprile.