Il governo definisce la governance del Piano nazionale di ripresa e resilienza; prevista una cabina di regia con composizione variabile ed un tavolo permanente di confronto con le parti sociali, le regioni, i comuni, l’università e la società civile. Novità sulle procedure autorizzative

Passo dopo passo, si sta definendo il quadro complessivo entro il quale dovrà muoversi il Piano nazionale di ripresa e resilienza, lo strumento che dovrebbe servirci ad uscire dalla crisi generata dalla pandemia da Covid-19 e, soprattutto, a porre le basi per il rilancio del sistema Paese. L’Italia, è noto, già prima del marzo del 2020 venivano da un lungo periodo di difficoltà: poco lavoro, peraltro troppo spesso pagato male; scarsissima produttività, anche a causa dei mancati investimenti delle aziende; pubblica amministrazione inefficace e inefficiente, con personale sempre più demotivato e anziano e procedure che guardano alla forma e non alla sostanza. Il Covid-19, in un tale contesto, è stato come la miccia che fa esplodere una carica di esplosivo: il mezzo non la causa dei danni che sono sotto gli occhi di tutti. Ora arriva il Piano nazionale di ripresa e resilienza, riscritto velocemente in poche settimane dal governo Draghi. Premesso che per un giudizio compiuto occorrerà aspettare le singole schede progetto e, soprattutto, la sua realizzazione concreta, di certo già adesso è possibile osservare delle profonde differenze rispetto alla precedente versione scritta da Giuseppe Conte e Roberto Gualtieri. Nelle pagine che seguono si analizzano gli articoli che compongono il capitolo della governance e della semplificazione delle procedure connesse al Piano nazionale di ripresa e resilienza. Molto importante la previsione della istituzione di un tavolo permanente di confronto fra il governo e le parti sociali, allargato anche alle regioni, ai comuni, al mondo dell’università e alla società civile, qualcosa di simile, anche se più agile, al Cnel.