di Francesco Paolo Capone, Segretario Generale Ugl

Cosa sta succedendo, ultimamente, fra Draghi e il Pd? Quello che doveva essere un solido partito di sinistra moderata e istituzionale e il principale puntello del governo di unità nazionale si sta trasformando nella più fastidiosa spina nel fianco per l’ex governatore della Bce nel suo tentativo di trascinare il Paese fuori dalla crisi Covid. Al punto che stamattina il segretario Letta e il premier si sono incontrati a Palazzo Chigi nel tentativo di tamponare un attrito ormai piuttosto evidente. La fuga in avanti di Orlando sulla proroga al blocco dei licenziamenti, annunciata e poi ritirata al momento della ufficializzazione del Sostegni bis e sostituita da una soluzione di compromesso, segue a ruota le ultime esternazioni dello stesso Letta, come quella sulla tassa di successione. Tutti motivi di distonia col presidente del Consiglio. Proposte lanciate in solitaria, senza un preventivo confronto con i partner di governo, scollegate e anche in qualche caso contrasto col piano d’azione stabilito al momento dell’insediamento di Draghi e della creazione della maggioranza ampia e trasversale che lo sostiene. Al tentativo di modernizzazione dell’Italia, che dovrebbe essere fulcro del Pnrr e che potrebbe nascere da una reale volontà di collaborazione con gli altri partiti dell’attuale governo nell’obiettivo di una riconnessione tra politica e Paese reale per innescare la ripresa, sembra che il Pd voglia invece controbattere con un arroccamento ideologico, col risultato di limitare le possibilità d’azione dell’esecutivo di cui fa parte. Altro che dem come maggiori sostenitori delle riforme: in questo modo si rischia di andare poco oltre l’amministrazione ordinaria dell’emergenza, necessaria eppure non sufficiente data la situazione non solo sanitaria, ma anche economica e sociale nella quale ci troviamo. Ne ha parlato, ad esempio, Tiraboschi, nell’intervista rilasciata a Italia Oggi, riferendosi ai lavoratori dimenticati, quelli già espulsi dal mondo del lavoro nel corso del 2020, nonostante il blocco dei licenziamenti. 550mila, ai quali vanno aggiunti quelli a termine e a progetto, gli interinali e gli stagisti, coi quali si arriva al milione di posti persi. La questione occupazionale andrebbe trattata, come dimostrano questi dati, in modo innovativo, rispondendo ai problemi attuali, cercando di intercettare le esigenze dei lavoratori e quelle delle imprese, puntando sulla formazione per rendere occupabili le persone estromesse dal mondo del lavoro e su ammortizzatori finalizzati al reinserimento e più inclusivi, incidendo maggiormente laddove ci sono situazioni di tutele scarse o assenti. Stessa cosa per il fisco, che andrebbe certamente riformato e reso più equo, a misura di famiglia, capace di incentivare gli investimenti che generano produzione e occupazione, di smussare gli squilibri. Pensare di più all’elusione delle multinazionali e meno alle tasse sulla casa lasciata dai nonni. Insomma, questo Pd targato Letta, lontano, ancora una volta, anche in questa nuova versione “radicale”, dal mondo reale, non sembra portare contributi utili né al governo, né, soprattutto, al Paese.