Corte dei Conti: in otto anni la fuga dei cervelli è arrivata al +41%. In Italia la quota dei giovani adulti con una laurea è inferiore rispetto agli altri Paesi dell’Ocse. Carenti le forme di esonero dalle tasse o di prestiti o di aiuto economico per gli studenti meritevoli meno abbienti

Due record molto negativi in un colpo solo: in Italia la quota dei giovani adulti con una laurea, pur essendo aumentata costantemente durante l’ultimo decennio, è inferiore rispetto agli altri Paesi dell’Ocse e, in più, in otto anni la cosiddetta “fuga di cervelli” è arrivata al +41,8%. Ciò è quanto emerge dal Rapporto (delibera n. 8/SSRRCO/REF/21) sul sistema universitario 2021 della Corte dei Conti. Il primo fenomeno è riconducibile sia alle persistenti difficoltà di entrata nel mercato del lavoro sia al fatto che il possesso della laurea non offre, come invece avviene in area OCSE, possibilità d’impiego maggiori rispetto a quelle di chi ha un livello di istruzione inferiore. Mentre, per il secondo aspetto, le limitate prospettive occupazionali con adeguata remunerazione spingono sempre più laureati a lasciare il Paese. Nell’osservare il mancato accesso o l’abbandono dell’istruzione universitaria dei giovani provenienti da famiglie con redditi bassi, la Corte attribuisce la circostanza, oltre che a fattori culturali e sociali, al fatto che la spesa per gli studi terziari, con tasse di iscrizione più elevate rispetto a molti altri Paesi europei, grava quasi per intero sulle famiglie. Carenti sono anche le forme di esonero dalle tasse o di prestiti o, comunque, di aiuto economico per gli studenti meritevoli meno abbienti. Su questo aspetto, la magistratura contabile richiede un’opera di aggiornamento e completamento dell’attuale normativa per dare piena attuazione alla disciplina del diritto allo studio con la definizione dei livelli essenziali delle prestazioni (LEP) e l’attivazione degli strumenti per l’incentivazione e la valorizzazione del merito studentesco. Inoltre «nel periodo 2016-2019 l’investimento pubblico nella ricerca appare ancora sotto la media europea», mentre le attività di programmazione, finanziamento ed esecuzione delle ricerche si caratterizzano «per la complessità delle procedure seguite, la duplicazione di organismi di supporto, nonché per una non sufficiente chiarezza sui criteri di nomina dei rappresentanti accademici in seno ai suddetti organismi». La notevole percentuale del lavoro precario nel settore della ricerca determina la dispersione delle professionalità formatesi nel settore. Poco sviluppati i programmi di istruzione e formazione professionale, le lauree professionalizzanti in edilizia e ambiente, energia e trasporti, ingegneria. Mancano i laureati in discipline STEM (scienze, tecnologia, ingegneria e matematica) e questo incide negativamente sul tasso di occupazione. Non resta che affidarsi all’unico “salvacervelli” di cui possiamo disporre: il PNRR.