Il Covid-19 sta falcidiando le pensioni future sotto ogni punto di vista

Attualmente, come noto, per il calcolo della pensione, vige il sistema contributivo il quale è articolato su due pilastri: l’accredito dei contributi versati dal datore di lavoro e dal lavoratore, e la loro rivalutazione in base a parametri legati all’incremento del prodotto interno lordo. Ebbene, l’epidemia e la parallela crisi economica hanno inciso notevolmente su entrambi questi dati. Per quanto riguarda i contributi, è evidente che la cessazione di attività di molte aziende, la disoccupazione, la mobilità e la cassa integrazione hanno assottigliato – od eliminato – i contributi a favore di molte migliaia di lavoratori. E anche quando interviene la contribuzione figurativa a carico dello Stato, essa è nettamente inferiore a quella che si sarebbe avuta lavorando, magari anche percependo straordinari o altre indennità speciali. Tutto ciò diminuisce il “montante” contributivo con il quale è poi calcolata la pensione al raggiungimento dell’età stabilita. Al 30 settembre 2020, i contributi previdenziali incassati dall’Inps erano in calo del 6,6%. Per quanto riguarda invece il ricalcolo, l’Inps ha stabilito che per il 2019 la rivalutazione sarà solo dell’1,019%, praticamente nulla; per il 2020, sarà addirittura inferiore, ma questa situazione si ripeterà anche nel 2021. Sarebbe quindi opportuno che, nell’ambito degli incontri del governo con le organizzazioni sindacali per apportare correttivi o interventi innovativi all’attuale sistema previdenziale, si prendesse in esame anche questa situazione adottando altri criteri di rivalutazione (ad esempio, aggancio all’andamento dei valori borsistici, fissazione di un tasso ufficiale di rendimento e altri parametri da valutare). Un’osservazione finale: vista la situazione, si possono considerare previdenti coloro che, potendolo fare, hanno a suo tempo accettato di aderire all’anticipo pensionistico con quota 100 perché la loro pensione è stata calcolata sui dati esistenti al 2018.