Il governo punta sull’allargamento del contratto di espansione, ma non basta

La chiave di volta per superare lo scalone del 1° gennaio 2022 potrebbe essere rappresentata dall’allargamento della platea del contratto di espansione. Una soluzione che sembra nell’aria, ma che, chiaramente, avrebbe comunque una portata pur sempre limitata per la semplice ragione che lo strumento potrebbe applicarsi ad una parte del lavoro privato, ma non in quello pubblico. Come noto, il 31 dicembre scadrà la sperimentazione di quota 100. L’intenzione, almeno al momento, sarebbe quella di non prorogare la misura che pure ha permesso ad un numero importante di dipendenti privati e pubblici di anticipare l’uscita rispetto ai termini della Fornero. Cgil, Cisl, Uil, Ugl e le altre parti sociali sollecitano da tempo l’apertura di un confronto, evidenziando la necessità di garantire al sistema un minimo di flessibilità in uscita, contemperando età anagrafica e contributi versati. L’ipotesi di allargare la platea delle aziende che possono ricorrere al contratto di espansione, abbassando il tetto da 250 a cento dipendenti, di per sé non assicura che le stesse poi ricorrano a questo strumento che, per loro, sarebbe comunque costoso, come già accade con la cosiddetta isopensione. Intanto, seppure a rilento, vanno avanti i lavori delle commissioni di studio sul bilancio dell’Inps, con l’obiettivo di distinguere la previdenza dell’assistenza, e sulla gravosità delle singole attività produttive.