Interventi socio-educativi mirati per combattere la povertà educativa nel Mezzogiorno. Per ridurre il gap territoriale si punta anche sul rafforzamento delle Zone economiche speciali, su una rinnovata strategia nazionale per le aree interne e sulla valorizzazione dei beni confiscati alle mafie

Coesione e inclusione si ritrovano nella Missione 5 del Piano nazionale di ripresa e resilienza. La componente 1 è riferita alle politiche per il lavoro (6,66 miliardi di euro), cui si è già accennato con riferimento alle riforme di accompagnamento. In questo caso, si guarda alle politiche attive e al sostegno all’occupazione e quindi formazione e potenziamento dei centri per l’impiego. Si punta anche alla qualità del lavoro, con la lotta al sommerso, nonché alle donne e ai giovani, con la promozione delle imprese femminili e del sistema duale e l’estensione del servizio civile in un’ottica universale. La componente 2 affronta la questione molto dibattuta delle infrastrutture sociali, con particolare attenzione alle famiglie, alle comunità e al ruolo del Terzo settore. La dotazione sfiora gli 11,2 miliardi di euro. Fra gli ambiti di intervento, la disabilità e la marginalità: quindi, persone vulnerabili, anziani non autosufficienti, attivazione dei percorsi di autonomia, housing temporaneo. Si parla anche di legge quadro per la disabilità, a quasi trent’anni dalla legge 104 del 1992. La rigenerazione urbana e l’housing sociale dovrebbero essere volti a migliorare la qualità dell’abitare, come pure al superamento degli insediamenti abusivi per contrastare il fenomeno del caporalato. L’inclusione sociale passa anche dallo sport. La componente 3, viceversa, mette insieme una serie di interventi speciali per la coesione territoriale, con una dotazione complessiva leggermente sotto i due miliardi.