di Francesco Paolo Capone
Segretario Generale UGL

In tutto il mondo, in questo momento, c’è una fortissima richiesta di vaccini contro il Covid. La prosecuzione e anzi l’accelerazione della campagna vaccinale sembra essere lo strumento principale per affrontare la pandemia, bloccare il diffondersi dei contagi e quindi ricominciare una vita normale, dal punto di vista sanitario, economico e sociale. Grazie all’impegno delle aziende farmaceutiche, i vaccini sono stati individuati e commercializzati in tempi record. “Big Pharma” in questi mesi ha tratto profitti notevoli dai sieri messi a disposizione: la sola Pfizer, lo scorso 4 maggio sono stati pubblicati i risultati finanziari dell’azienda statunitense, nel primo trimestre del 2021 ha aumentato i propri ricavi del 45% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, 14 miliardi e mezzo di dollari in più, con il 30% delle entrate derivanti proprio dai vaccini. Poi ci sono stati i ritardi nelle forniture e i contratti non rispettati. Insomma, la vicenda, come sempre accade, è ricca di luci – la ricerca scientifica in primis – ma anche ombre. Ora l’amministrazione Usa ha proposto la sospensione della proprietà intellettuale per i vaccini anti Covid-19, per consentire una produzione più diffusa, anche in Stati come India e Sudafrica, ad esempio, travolti dalla pandemia e che chiedono di poter realizzare da soli i vaccini una volta tolti i diritti derivanti dai brevetti. Molti, almeno a parole, sembrano favorevoli, anche se c’è chi teme, fra questi la cancelliera tedesca Angela Merkel, che si possa trattare di una trovata capace di far breccia nell’opinione pubblica, ma di fatto controproducente. Senza l’obiettivo commerciale ed economico, le risorse destinate dalle aziende farmaceutiche alla ricerca sarebbero certamente minori e con tutta probabilità anche i risultati sarebbero meno tempestivi, sicuri ed efficaci. Non è detto, poi, che abolire i diritti di brevetto sia sufficiente a rendere in grado, specie i Paesi più poveri, di realizzare i sieri. Ora non ci sarebbe altro da fare che aumentare produzione e consegne, senza complicare ulteriormente il procedere delle campagne vaccinali nazionali. Con una punta di ironia anche la Presidente della Commissione Ue, Von der Leyen, ha rimarcato lo scostamento fra teoria e pratica nell’America di Biden, che, mentre teorizza la sospensione dei brevetti, si tiene ben strette le proprie dosi, comprese quelle inutilizzate di AstraZeneca, mentre l’Europa, definita dalla Presidente “la farmacia del mondo”, nonostante le proprie difficoltà, continua ad esportare vaccini in oltre 90 Paesi. La decisione finale dovrebbe arrivare a giugno, ad occuparsene il Wto. Intanto l’importante è proseguire nella vaccinazione, il più rapidamente possibile, utilizzando i prodotti sul mercato, in attesa che entrino finalmente in commercio anche i nostri, alle fasi finali di sperimentazione, che forse saranno pronti – che tempismo! – appena dopo la sospensione dei brevetti.