Investire sulla scuola aiuta a ridurre la precarietà nel mondo del lavoro. Tre proposte per valorizzare il lavoro dei dipendenti dello Stato e di tutti gli enti pubblici. Giovani e donne stanno pagando più di altre categorie gli effetti negativi della pandemia

I primi atti del governo Draghi sembrano aver impresso un nuovo corso allo sviluppo del settore pubblico. La volontà appare proprio quella di voler investire sul capitale umano della pubblica amministrazione, come se il datore di lavoro pubblico sia stato colpito da un fulmine, da una vera e propria epifania psicologica, e che di colpo si sia reso conto che non investendo, il capitale, come in qualsiasi impresa, a lungo andare non potrà che deperire e a risentirne sarà sempre la qualità del prodotto. Quel che serve alla pubblica amministrazione, ma il discorso è da estendere anche alle partecipate, senza le quali soprattutto a livello locale sarebbe impossibile garantire i servizi essenziali, è una modifica strutturale del lavoro pubblico finalizzata ad un vero e proprio rinnovamento che si basi su tre punti qualificanti: una attività di alta formazione, dedicata a tutti i livelli e le qualifiche del personale in servizio; una riorganizzazione del lavoro e un aggiornamento tecnologico necessario per snellire e velocizzare l’azione della pubblica amministrazione; una implementazione degli organici, accompagnato dalla possibilità di migliorare la propria posizione, premiando il merito. In un tale scenario, la scuola è destinata a giocare un ruolo centrale. Le politiche scolastiche non possono, però, più essere intese come assiomi definiti e quasi intoccabili; esse necessitano di una vitalità che pone continui dubbi e un mettersi in gioco continuo. E questo vale per tutti gli attori chiamati a forgiare le leve del domani, per tutta l’istituzione scuola nel suo complesso. La struttura educativa stessa, basata su cicli definiti, ha necessità di una maggiore fluidità tra gli stessi in modo che la crescita dello studente sia armonica e potenzialmente aderente alle caratteristiche stesse della persona. Un percorso complessivo che dovrà servire a superare l’attuale dicotomia esistente che finisce per penalizzare, soprattutto, i giovani e le donne. La mancanza di lavoro sommata all’evento pandemico ha privato l’attuale generazione under 35 del diritto alla speranza nel futuro perché ha dato loro la certezza che vivranno peggio dei loro genitori a dispetto però di un’evoluzione tecnologica che fa passi da gigante. La formazione e l’orientamento sono importantissime ma sono nulle se non si crea nuova occupazione, occorre adottare una serie di misure concrete per favorire l’ingresso dei giovani nel mondo del lavoro. La cultura può essere un formidabile volano di occupazione, ma servono anche strumenti di conciliazione veramente efficaci per non lasciare tutto il peso della famiglia sulle donne.