Istat: a marzo i dati sul lavoro migliorano, ma non per donne e over 35. Solo 34 mila posti in più, ben lontani dai 900 mila posti persi in un anno. Diminuiscono i dipendenti permanenti, crescono quelli a termine

Qualche timido segnale di ripresa c’è. Nel mese di marzo, rispetto a febbraio, l’Istat ha rilevato 34 mila nuovi posti di lavoro in più, tuttavia si tratta di un aumento che coinvolge gli uomini, i dipendenti a termine, gli autonomi e quasi tutte le classi d’età. L’eccezione è rappresentata dai 35-49enni che sono in diminuzione insieme a donne e dipendenti permanenti. Quanto meno sale il tasso di occupazione tra i giovani al 33% (pari a +1,1%), quello generale timidamente cresce al 56,6% (pari a +0,1 punti) e quello di disoccupazione scende della stessa misura al 10,1% (pari a -0,1%). Non si può in effetti neanche parlare di un bicchiere mezzo pieno, sono timidi movimenti nel mercato del lavoro che non solo devono essere confermati, ma preferibilmente superati e di molto. Il mese di marzo si caratterizza per timidi segnali di ripresa che tuttavia non si avvicinano neanche lontanamente ai 900 mila posti di lavoro persi a causa della pandemia, perché trovare oggi un posto di lavoro per alcune categorie resta ancora una chimera. Infatti, sempre a marzo, diminuisce il numero di persone in cerca di lavoro (-0,8% rispetto a febbraio, pari a -19mila unità) tra gli uomini e gli over25, mentre tra le donne e i giovani di 15-24 anni è in aumento. Diminuisce anche il numero di inattivi (-0,3%, pari a -40mila unità), per entrambi i sessi e per gli under35, invece è in aumento tra le persone con almeno 35 anni di età. Complessivamente, il tasso di inattività scende al 36,8% (-0,1 punti). Le donne sono tra le più penalizzate in termini di tasso di disoccupazione (+0,2 punti) e di occupazione (-0,1 punti), restando stabili l’inattività. Invece per gli uomini l’occupazione cresce (+0,3 punti), mentre disoccupazione e inattività calano di 0,2 punti. Cosa succede in base alle tipologie di contratto? A marzo la crescita degli occupati è dovuta soprattutto ai dipendenti a termine (+2,4%), mentre tra gli autonomi è più contenuta (+0,2%). In diminuzione tra i dipendenti permanenti (-0,3%). Forte il calo in un anno degli indipendenti, pari al 4,2% e cioè -212mila unità, i dipendenti a termine diminuiscono del 3,8% e con -103mila, i dipendenti permanenti diminuiscono dell’1,7% ovvero -250mila.