di Francesco Paolo Capone
Segretario Generale UGL

Una notizia, per certi versi, storica: dopo quarant’anni, sette terroristi rossi che vivevano liberamente in Francia nonostante fossero rei di fatti di sangue, sono stati messi in arresto dalle autorità transalpine, in attesa, ci vorrà ancora tempo, di procedere all’estradizione verso il nostro Paese. Si tratta di cinque membri delle Brigate Rosse, Giovanni Alimonti, Enzo Calvitti, Roberta Cappelli, Marina Petrella e Sergio Tornaghi, a cui si aggiungono Narciso Manenti, appartenente ai Nact, un gruppo armato di estrema sinistra, e Giorgio Pietrostefani, di Lotta Continua. Altri due Br, Luigi Bergamin e Raffaele Ventura, che inizialmente si erano dati alla fuga, si sono costituiti, mentre resta latitante Maurizio Di Marzio. Tutti condannati per omicidio e giudicati responsabili anche di altri reati connessi alle loro attività terroristiche. La situazione si sarebbe sbloccata a seguito di una serie di colloqui fra i ministri della Giustizia dei due Paesi, Marta Cartabia ed Eric Dupond-Moretti. Ci sono voluti decenni, nonostante le condanne passate in giudicato a certificare crimini efferati ai danni di membri delle forze dell’ordine, di giudici, uomini politici, ma anche industriali, commercianti e “nemici politici” di ogni tipo. Alcuni implicati in fatti gravissimi, dall’omicidio Calabresi fino al sequestro Moro, terminato con l’uccisione dell’allora presidente della Democrazia Cristiana, ovvero il più grave atto terroristico, per implicazioni politiche, mai avvenuto nella storia della Repubblica Italiana. La concessione di un “diritto d’asilo” nei confronti di persone ree di aver compiuto azioni delinquenziali, violente ed eversive nel nostro Paese è stato un vulnus nelle relazioni italo-francesi. Un conto proteggere gli oppositori di un regime considerato nemico, illegittimo o tirannico, un altro – inaccettabile – farsi garanti di terroristi il cui obiettivo era quello di rovesciare le Istituzioni di uno Stato teoricamente amico, alleato, cofondatore dell’Ue. Ora la Francia, diventata principale obiettivo in Europa del terrorismo islamico, ha cambiato atteggiamento. Merita certamente un plauso il presidente Macron per aver voluto mettere la parola fine a una situazione intollerabile con la volontà di «risolvere questo tema, come l’Italia chiedeva da anni. La Francia, lei stessa colpita dal terrorismo, comprende l’assoluto bisogno di giustizia delle vittime. Rientra anche, con questa consegna, nell’imperiosa necessità di costruire un’Europa della giustizia, in cui la mutua fiducia dev’essere centrale». Giusto, giustissimo. Solo ci si chiede perché, per ottenere un risultato che avrebbe dovuto essere non eccezionale, ma normalissimo, la nostra giustizia, le famiglie delle vittime, i cittadini italiani abbiano dovuto aspettare così tanti anni. Comunque, meglio tardi che mai.