I sindacati confederali insistono sulla necessità della contrattazione collettiva

Lavoro agile fino a settembre nella modalità semplificata, almeno nel settore privato. Con questa proposta del ministro del lavoro, Andrea Orlando, si è chiuso il tavolo di confronto con le parti sociali sullo smart working, convocato nel pomeriggio di ieri. Il dato di partenza è chiaro a tutti: l’esperienza emergenziale di questi mesi non è esattamente il lavoro agile che dovrebbe essere. In questi mesi, il lavoro non in presenza è servito soprattutto come misura di contenimento della diffusione del virus e per assicurare comunque la produttività di diversi settori. Sulla base di questa esperienza, però, occorre ora porre le basi per una gestione ordinaria dello smart working. Ed allora, il punto di partenza rimane la legge 81/2017 che prevede la sottoscrizione di un accordo individuale fra datore di lavoro e dipendente per regolare i vari aspetti, compreso il diritto alla disconnessione. Cgil, Cisl, Uil, Ugl e le altre sigle sindacali hanno insistito sulla centralità della contrattazione collettiva, utile anche ad evitare il lavoro agile diventi uno strumento più subdolo che utile. Il rischio, è stato evidenziato, è che, senza la copertura di un accordo collettivo, qualche datore di lavoro possa pensare di utilizzare lo smart working per marginalizzare le categorie più deboli, in contrasto anche con lo spirito di altre normative, ad iniziare dalla legge 104 che punta all’inclusione delle persone disabili.