di Francesco Paolo Capone
Segretario Generale UGL

È sempre più difficile considerare Mario Draghi “solamente” un tecnico. Siamo d’accordo con lui: nelle 319 pagine del PNRR o Recovery Plan non possiamo leggere solo «necessari quanto ambiziosi, numeri, obiettivi, scadenze». In quelle stesse pagine ci sono infatti le «vite degli italiani». Tra le fittissime righe, si potrebbero sollevare alcune obiezioni. Delle pensioni e della scadenza di Quota 100 abbiamo già parlato ieri. Si può non essere d’accordo su tutto, ma il Recovery Plan rappresenta per l’Italia e per il Mezzogiorno, soprattutto, un’occasione per un riscatto economico e sociale di portata epocale. Dal PNNR l’Italia, e tutti noi, non può più tornare indietro, se non con il fallimento del piano stesso e cioè con le ossa rotte. Disastro che neanche la diffidente UE potrà permettersi. Il cambiamento si impone «whatever it takes» ed è il leitmotiv dell’intero discorso di ieri di Draghi alla Camera. Ma il termine, “cambiamento”, non appare nel testo dell’informativa. Volontariamente o involontariamente? Di certo, lo sappiamo bene, è una parola che spaventa molti. Vorremmo avere infatti la stessa fiducia di Mario Draghi «nella nostra capacità di lavorare insieme quando l’emergenza ci chiama alla solidarietà, alla responsabilità». La nostra esitante fiducia, sia ben inteso, non è nei confronti degli italiani, nel nostro popolo, ma in quella cosiddetta pubblica opinione che, solo per fare un esempio, ha già stabilito che, quando il premier ha lanciato i suoi strali contro «le miopi visioni di parte» e «gli interessi costituiti», si stesse riferendo soprattutto ad un partito della maggioranza di Governo, che sta dando voce ad una richiesta trasversale proveniente da tutto il Paese e al di là del rispettivo colore politico. Essere molto colorata è uno degli infiniti pregi dell’Italia. Ma è anche il suo difetto per qualcuno che ancora preferisce immaginarla sempre di un colore solo. Ecco perché lei sei missioni che contengono non semplici e vuote parole, ma azioni irrevocabili – Digitalizzazione, Innovazione, Competitività, Transizione Ecologica, Infrastrutture, Mobilità Sostenibile, Istruzione, Ricerca, Inclusione, Coesione, Salute – rappresentano una sfida per tutti. Intere categorie e interi settori, pubblici e privati, saranno sottoposti ad una vera e propria mutazione genetica, attesa da decenni. Tutto il mondo starà a guardare e non basteranno soltanto la parola e l’impegno di Mario Draghi per riuscire, saranno necessari l’impegno e la responsabilità di tutti. Non si può non provare, quindi, una certa emozione al pensiero che, al di là dei «necessari quanto ambiziosi, numeri, obiettivi, scadenze», vedremo davvero chi, e non solo tra i sindacati, dimostrerà maggiore capacità di accettare e di contribuire all’irrevocabile cambiamento di un’intera nazione.