Secondo il premier, un rapido via libera «permette di avere accesso ai fondi europei il prima possibile»

Il governo ha «un profondo rispetto per il Parlamento», ma «i tempi sono stretti», considerando che la dead-line è fissata al 30 aprile. Così il presidente del Consiglio, Mario Draghi, ha difeso l’esecutivo, accusato dall’opposizione di aver dedicato poco tempo alla discussione parlamentare del piano di ripresa e resilienza, presentato tra ieri e oggi ad entrambe le Camere dal premier. Un rapido via libera «ci permette di avere accesso ai fondi europei il prima possibile», ha osservato il premier, assicurando che «il contributo» di Camera e Senato «è solo all’inizio». «Non c’è lo Stato contro gli enti locali, questa sfida si vince insieme», ha detto, riferendosi alla cosiddetta “governance”. Digitalizzazione, innovazione, competitività, cultura, Mezzogiorno, tanti sono gli ambiti interessati dal piano, che prevede fondi complessivi per 248 miliardi di euro. «Il primo obiettivo è riparare i danni creati dalla pandemia», ha detto Draghi. Il piano «permette investimenti che sarebbero stati impossibili e impensabili fino a pochi giorni fa. Tutto il piano è un investimento sul futuro e sulle nuove generazioni», ha proseguito il premier. Il Consiglio dei ministri dovrebbe approvare il testo tra mercoledì e giovedì per poi spedirlo alla Commissione europea, senza sforare la scadenza fissata dai commissari. Non a tutti è piaciuto il modus operandi del governo: «Davvero pensate che sia giusto e normale che il Parlamento della Repubblica voti un documento di tale portata, il più importante nella storia repubblicana, senza aver avuto il tempo necessario a leggere questo Piano? Pensate che sia normale votarlo a scatola chiusa?», ha chiesto la leader di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni, intervenendo alla Camera. «Non siamo nella condizione di giudicare in coscienza un documento di oltre 300 pagine che comporta una spesa di centinaia di miliardi di euro in sole ventiquattro ore», ha concluso, annunciando che il suo partito si sarebbe astenuto dal voto, sia alla Camera che al Senato.
«Ci vuole un po’ di voglia per leggerselo, in 300 pagine c’è tanto. C’ho messo più di una nottata, ma me lo son letto», ha detto il leader della Lega, Matteo Salvini, intervenendo a “L’aria che tira”, in onda su La7.