Confcommercio: rischio usura più che raddoppiato dal 2019. Sud l’area più a rischio. Rischiano la chiusura 300mila imprese del commercio. Lamorgese: «Il fenomeno nel 2020 è cresciuto del 16% rispetto al 2019 anche a causa del lockdonw»

Confcommercio, nel corso della Giornata nazionale “Legalità, ci piace”, ha lanciato l’allarme. Oltre ai devastanti effetti economici, la pandemia sull’economia reale e sulle imprese sta ampliando alcuni fenomeni criminali: dal 2019 ad oggi la quota degli imprenditori che ritiene aggravato il fenomeno dell’usura è aumentata di 14 punti percentuali. Sono ad immediato e grave rischio di usura circa 40 mila imprese del commercio, della ristorazione e dell’alloggio. Il presidente di Confcommercio, Carlo Sangalli, ha fatto notare che l’usura «nei momenti di crisi diventa una vera e propria piaga sociale». «Senza fatturato, senza liquidità, senza credito, e con i costi da pagare, è facile capire quanti imprenditori rischiano di essere facili prede per la criminalità organizzata e le pratiche di usura», ha evidenziato Sangalli. «Il Mezzogiorno, dotato di un tessuto imprenditoriale più fragile, più esposto al fenomeno dell’usura». Napoli, Bari e Palermo le aree più esposte. Solo nel capoluogo partenopeo è aumentata la pressione della criminalità per il 53 per cento delle imprese. Tuttavia, anche a Firenze, nell’ultimo anno, un imprenditore su due delle Pmi avverte distintamente l’aumentata pressione della criminalità.
Un fenomeno quanto mai insidioso, che «si fatica a denunciare». Ma non sempre resta impunito: due sanremesi, padre e figlia, entrambi imprenditori, sono finiti al centro di un’indagine del comando provinciale della Guardia di Finanza di Imperia, che ha disposto per l’uomo gli arresti domiciliari e per la donna l’obbligo di dimora. Prestavano denaro con tassi da usura, fino al 29% su base annua, approfittando della difficoltà economica in cui versavano le loro vittime.
Dai dati Confcommercio emerge che, ad aprile 2021, la percentuale di imprese fortemente a rischio e che hanno subito pressioni per vendere la propria azienda è del 12%. Se si moltiplica questa percentuale per il potenziale a rischio usura si arriva a 36 mila piccole aziende del commercio, alloggi e pubblici esercizi ad elevato rischio. A frenare la propensione a denunciare non è tanto la speranza di poter restituire il prestito, quanto piuttosto la paura di subire ritorsioni (94%), la percezione di essere soli (75%), la poca fiducia nella giustizia (73%) e la vergogna che caratterizza coloro che, in ultima istanza, si vedono costretti a rivolgersi agli “strozzini”. In generale, in assenza di adeguati sostegni e di un preciso piano di riaperture, rischiano la definitiva chiusura 300mila imprese del commercio non alimentare e dei servizi, di cui circa 240mila esclusivamente a causa della pandemia.