di Francesco Paolo Capone
Segretario Generale UGL

La crisi Covid, lo tsunami economico-sociale che è scaturito dalla pandemia, ha avuto l’effetto di esasperare le diseguaglianze che già erano presenti nel nostro Paese. Garantiti e non garantiti, settentrionali e meridionali, anziani e giovani. Gli italiani sembrano ormai divisi in categorie, se non in conflitto fra loro, quantomeno appartenenti a realtà diverse, a percorsi separati. Compito della politica dovrebbe essere quello di superare – verso l’alto, chiaramente, offrendo maggiori tutele e prospettive a chi non ne ha – queste divisioni. Fra le “categorie”, che già si trovavano in una situazione di svantaggio, ora ulteriormente penalizzate dalla crisi, quella delle donne. Su La Stampa oggi è stato pubblicato un interessante dossier sulla situazione femminile in Italia. Un’analisi, basata sui dati Eurostat, che conferma il triste primato del Paese, fanalino di coda in Europa, peggio di noi – e di poco – solo la Grecia, quanto a occupazione femminile. In Italia è occupata solo una donna in età lavorativa su due, anzi meno, per l’esattezza il 49%, contro una media Ue del 67,7%. Una situazione che non migliora fra le più giovani, anzi: tra le donne con meno di trent’anni aumenta, infatti, la sfiducia, con addirittura un 25,4% di ragazze che non lavorano, non studiano e non cercano neanche un’occupazione. Non certo una novità: già prima del Covid la situazione era scoraggiante e il gap di genere molto consistente. Ora, però, le cose sono peggiorate a causa del fatto che i settori maggiormente colpiti dalle conseguenze economiche della pandemia – servizi, turismo, ristorazione – sono proprio quelli nei quali è più alta la presenza di lavoratrici donne. Nell’ultimo trimestre del 2020, sul totale di 400mila posti di lavoro persi, circa 250mila erano occupati da donne. Dalla ricerca emerge un punto dirimente per comprendere le cause di questa situazione: oltre alle note ragioni legate all’assenza di servizi, a partire dai nidi e non solo, a differenza di quanto avviene in molti altri Stati europei, da noi c’è ancora una differenza marcata fra settori considerati a prevalenza maschile e settori a prevalenza femminile. Le donne lavorano soprattutto nell’ambito dei servizi alla persona, mentre restano lontane da altri ambiti, come il digitale e il green, entrambi in grande espansione. Occorrerà impegnarsi maggiormente per superare questo gap, che significa meno crescita e sviluppo per il Paese, non solo, come è necessario, sul fronte del welfare, grande alleato dell’occupazione femminile, ma anche dal lato culturale, dell’istruzione, della formazione e della riqualificazione professionale. Per inserire pienamente le donne in un contesto lavorativo più inclusivo, a beneficio della crescita economica e sociale non solo della componente femminile della società, ma di tutti noi.