Tra ristoratori, ambulanti e esercenti cresce un movimento che chiede di riaprire per non morire. Tutte le attività sono essenziali per far ripartire il Paese

Più di un anno di pandemia, di crisi sanitaria ed economica, di mine lasciate inesplose dal Conte bis ha prodotto conseguenze. Lavoratori autonomi “contro” lavoratori dipendenti, settori senza ristori “contro” quelli che ne possono usufruire, ma che ancora li attendono. Sta crescendo un variegato e trasversale “movimento” per le riaperture: venerdì scorso i mercatali e i ristoratori, ieri a Roma a piazza San Silvestro, oggi in 21 città i commercianti «lasciati in mutande» e ancora gli ambulanti sulla A1. La piazza contro il Palazzo, inteso come luogo di decisioni, di provvedimenti e di leggi. Scelte difficili, perché l’emergenza non è passata e perché la campagna vaccinale, impostata molto male dal precedente Governo, con strascichi giudiziari tali dal far vacillare la poltrona del ministro della Salute, Roberto Speranza, non riesce ancora a decollare così come previsto dal Generale e Commissario all’emergenza Francesco Paolo Figliuolo. I decennali ritardi e le inefficienze dello Stato si fanno più che mai sentire. Nel frattempo, si fa strada l’impressione che alcune aziende farmaceutiche, e anche alcuni Stati, stiano speculando sulla pandemia e che l’Europa stia mostrando la sua fragilità politica. Esperti e scienziati, non tutti però, frenano sulle riaperture e tra gli operatori sanitari, che potrebbero-dovrebbero vaccinare, ci sono anche “no vax”.
Il Cts almeno ha iniziato a esaminare i nuovi protocolli per gli spettacoli e per un settore in grande affanno, il turismo. Non è un caso se è da quest’ultimo che si è aperto un ulteriore conflitto tra Governo e Regioni sulla eventuale creazione di aree o isole “Covid free”. Il Governatore-sceriffo della Campania Vincenzo De Luca (PD), un tempo rigido garante delle regole anticovid, si è trasformato in un “secessionista”, mentre il presidente del FVG (Lega), Massimo Fedriga, appena nominato presidente della Conferenza Regioni, invita tutti a «restare uniti», chiedendo allo stesso tempo al Governo di «dare segnali importanti ai ristoratori». È chiaro: per far ripartire l’economia e riprogrammare le attività serve una data. In merito si sono sbilanciati due sottosegretari, Durigon (Lega) e Sileri (M5s), rispettivamente all’Economia e alla Salute: per il primo «si possono valutare riaperture graduali prima del 2 maggio», mentre per il secondo «non prima del 30 aprile», ma se l’indice RT lo consente «dal 1° maggio si può tornare ad una colorazione più tenue delle Regioni». Microfratture, categorie diverse e contrapposte, ma tutte sulla stessa barca.

Durigon: «Si possono valutare riaperture graduali prima del 2 maggio»