Gli effetti della pandemia pesano sulla tenuta degli stipendi dei lavoratori

L’Italia ha perso in un anno di pandemia l’8,8% del prodotto interno lordo e circa 160 miliardi di euro rispetto al 2019. Tutto questo si traduce in stipendi più magri, lavoratori licenziati o costretti alla cassa integrazione, lavoro femminile penalizzato più di tutte le altre categorie e aziende sull’orlo della chiusura. La speranza è di riuscire a recuperare almeno un 3-4% nel corso del 2021, per augurarsi una ripresa quasi totale nel corso del 2023. Dalla pandemia esce quindi fuori un quadro drammatico. In questo contesto il quadro si fa drammatico per le famiglie: -29 miliardi di euro di reddito e -108 di consumi, con circa il 25% di decurtazioni delle entrare per il 15% dei nuclei familiari e la Caritas che annuncia un 45% di nuovi poveri (+14%). Non va meglio sul fronte imprese: persi circa 400 miliardi di euro di fatturato per coloro che sono stati costretti a chiudere. L’unico a tenere, anzi a crescere e di molto, è il commercio dei beni online (+34%). In grave crisi, invece, il settore dello spettacolo e del fitness (musica, concerti, cinema, teatri e palestre) che accusa una perdita del 97% e milioni di operatori rimasti senza lavoro. A tenere il passo più di tutti è il settore manifatturiero. Un quadro complicato, a tratti drammatico per lavoro ed economia quello che emerge dalle indagini di Prometeia e Cgia di Mestre e riportati in un interessante articolo del Corriere della Sera a firma di Milena Gabanelli, disponibile sul sito del quotidiano milanese.