di Francesco Paolo Capone
Segretario Generale UGL

Nel suo rapporto sull’economia mondiale, il “World economic outlook”, il Fondo Monetario Internazionale ha messo nero su bianco quanto già da tempo si temeva: le conseguenze dello shock economico provocato dalla pandemia di Covid-19 saranno permanenti, con effetti strutturali sul mondo del lavoro. «La distruzione di posti di lavoro da parte della pandemia da Covid-19 è stata certa e rapida. Gli effetti duraturi della crisi sui lavoratori potrebbero essere dolorosi e iniqui», così il Fmi. Insomma, si faccia presto con il piano vaccinale, nel frattempo, comunque, si cerchi di riaprire ove possibile. Ma, in ogni caso, anche una volta passata, speriamo presto, la “terza ondata”, anche quando avremo finalmente bloccato la circolazione del virus, dal punto di vista economico e lavorativo non torneremo magicamente indietro nel tempo come se niente fosse accaduto, non riprenderemo esattamente le nostre vite e le nostre occupazioni da dove, ormai più di un anno fa, abbiamo lasciato. Su queste pagine abbiamo parlato in diverse occasioni, ad esempio, dello smart working, diffusosi a causa dell’emergenza e destinato ad essere utilizzato, seppur in forma minore, anche a pandemia finita. Ma le novità destinate a cambiare il volto del mondo del lavoro saranno molte altre e non tutte positive, anzi. «I lavoratori giovani e meno qualificati sono stati i più colpiti, così come le donne» ha chiarito il rapporto, aggiungendo che «i cambiamenti strutturali dell’economia potrebbero portare a una riduzione permanente dei posti di lavoro in alcuni settori, mentre in altri cresceranno. Lo shock sta accelerando gli andamenti già esistenti, con il lavoro in calo nei settori e nelle occupazioni più vulnerabili all’automazione». Se la drastica riduzione degli spostamenti, per turismo e non solo, terminerà con la fine della pandemia, altri settori, dal commercio all’industria, saranno profondamente modificati dalle accelerazioni al cambiamento determinate dalla necessità di gestire i contagi. Dobbiamo affrontare in tempo questi mutamenti, per non farci trovare impreparati. Il Fmi, pur essendo solitamente poco incline a una visione “sociale” dell’economia e del lavoro, è stato chiaro, considerando necessarie «misure per il mantenimento dei posti di lavoro durante lo shock e per la ricollocazione dei lavoratori» e giudicando positivamente quanto fatto dall’Italia, con la nostra Cig Covid. Ora però è arrivato il momento di pensare anche ad altro: non solo affrontare i problemi immediati, ma anche cercare di prevenire quelli futuri. Con nuovi ammortizzatori sociali, nuove politiche attive, un piano per la ripresa. Dopo il piano vaccinale, con i suoi ritardi di cui ancora oggi stiamo pagando le conseguenze, serve, e stavolta senza perdere tempo, un piano di ampio respiro per il lavoro.